Con questo articolo firmato da Alessandro Curioni iniziamo un cammino di divulgazione verso il futuro dei dati, del modo in cui li useremo e degli spazi, fisici e virtuali, che li conterranno. E vogliamo che sappia riguardarci e contraddistinguerci. Perciò lo compiremo assieme agli scienziati e ricercatori italiani che sono il motore di un importante centro come quello che Ibm ha a Zurigo. Lo facciamo anche con l’intento di dare visibilità a quei “cervelli” che secondo noi non sono andati in fuga: hanno solamente scelto un luogo consono per mettere a frutto il proprio dono, a beneficio di tutti, anche dell’Italia.
La Redazione di 01net
L’intelligenza artificiale ha stimolato fortemente l’immaginazione e la curiosità collettiva, intervallando periodi di eccitazione e grandi promesse, a periodi di timore per un eventuale suo abuso ed infine di frustrazione e disillusione per la lentezza del suo sviluppo. Come tante altre tecnologie avanzate che sono state sviluppate prima che i tempi fossero pronti ad accoglierle, il concetto di intelligenza artificiale è stato spesso ampiamente frainteso nel passato: abusato nei film di Hollywood, descritto erroneamente dai media, percepito simultaneamente come salvatore, o come flagello dell’umanità.
Negli ultimi anni lo scenario è radicalmente cambiato. Il veloce progresso scientifico e tecnologico è stato affiancato da una crescita esponenziale dell’ informazione disponibile insieme alla crescita, anch’essa esponenziale, delle capacità di elaborazione degli stessi, rendendo possibile lo sviluppo di nuovi sistemi intelligenti.
Non si tratta infatti di sistemi in grado di pensare autonomamente come noi, bensì di sistemi cognitivi, in grado di stare al passo con la crescita esponenziale della quantità di dati ed informazioni disponibili, in grado quindi di elaborare in tempo reale soluzioni a problemi che non saremmo in grado di risolvere facilmente da soli.
Questi sistemi hanno quindi caratteristiche diverse da quelle generalmente attribuite all’intelligenza artificiale. Sono infatti sistemi che basano la loro conoscenza su grandi quantità di dati, ragionano verso un obiettivo più o meno specifico per il quale sono stati progettati e possono interagire con gli esseri umani in maniera diretta e naturale.
Inoltre, i sistemi cognitivi sono in grado di imparare dall’interazione con gli utenti e dalle loro esperienze con l’ambiente circostante.
Invece di comportarsi in modo deterministico, si comportano in modo probabilistico, non generano solo risposte a problemi numerici, ma ipotesi, argomentazioni motivate e raccomandazioni estratte da corpi di dati complessi.
Ma la caratteristica più importante dei sistemi cognitivi, è che sono in grado di estrarre informazione e trasformare questa informazione in conoscenza da dati non strutturati (per esempio testi e immagini) che costituiscono più dell 80% della quantità di dati creati e disponibili al giorno d’oggi.
Questa caratteristica permette ai sistemi cognitivi di poter tenere il passo con l’espansione e la complessità dei dati nel mondo moderno, e di diventare strumenti di supporto fondamentali per qualsiasi lavoro, disciplina tecnica o scientifica, o business.
È importante chiarire che i sistemi cognitivi non saranno mai macchine con una sensibilità o un autonomia propria, bensì macchine in grado di estendere sempre più la capacità umana di comprendere e agire sui sistemei complessi della nostra società.
Macchine che dialogheranno con noi in modo naturale e che ci aiuteranno a raggiungere e comprendere una quantità di informazioni oramai fuori dalla nostra portata. Ecco perché questa “intelligenza estesa”, non rappresenta solo una nuova tecnologia, ma l’alba di una nuova era, per la tecnologia, il business, e la società: l’era del Cognitive Computing.
Il successo del Cognitive Computing non sarà misurato da test di Turing o dall’abilità di un computer di imitare gli esseri umani. Sarà misurato in modi più pragmatici, come l’impatto che avrà su una particolare tecnologia, la creazione di nuovi mercati, la comprensione della nostra realtà, il numero di malattie curate o ultimamente il numero di vite salvate.
Ed è proprio grazie a questo incredibile potenziale che Cognitive Computing rappresenta oggi uno dei più stimolanti e promettenti temi di ricerca e sviluppo nelle principali università e laboratori scientifici del mondo.
Chi è l’autore
Alessandro Curioni è vice president Europa e direttore del laboratorio di ricerca IBM di Zurigo. Recentemente gli è stato anche assegnato il ruolo principale per IBM Research all’interno del gruppo Internet of Things del progetto Watson.
A Curioni il mondo scientifico riconosce un ruolo primario nel settore del calcolo ad alte prestazioni e della scienza computazionale: con la sua attività ha contribuito a risolvere alcuni dei più complessi problemi scientifici e tecnologici nel settore sanitario, aerospaziale, dei beni e dell’elettronica di consumo. Nel 2013 e nel 2015 ha fatto parte dei team che hanno vinto il premio Gordon Bell.
Curioni è laureato in Chimica Teorica, con dottorato di ricerca presso la Scuola Normale Superiore di Pisa, Italia. Ha iniziato a lavorare all’ IBM Research di Zurigo come studente di dottorato nel 1993 ed è diventato membro dello staff di ricerca nel 1998. Più di recente ha diretto il dipartimento di Cognitive computing e scienze computazionali.
[…] nel suo lavoro. In questo momento è allo studio una sorta di carrello predittivo, basato su tecnologie cognitive: utilizzando algoritmi e altri processo di business intelligence e di intelligenza predittiva, […]
[…] centro è dedicato alla ricerca e allo sviluppo delle tecnologie cognitive per il mondo della salute, per le scienze della vita e, in prospettiva, anche per la Pubblica […]
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