Supply chain omni-channel: dal back office allo store front

Nell’era dei digitally-connected consumer i retailer devono saper modificare investimenti e priorità commerciali. Lo dice una survey condotta per Jda Software.

Consapevoli del cambiamento strategico ma non ancora pronti a cogliere le opportunità della trasformazione in atto nel mercato retail.

Così appaiono i 409 Ceo interpellati da PwC in una survey globale condotta per conto di Jda Software interessata a cogliere i cambiamenti di una catena del valore trasformata da consumatori digitally-connected e da uno shopping sempre più multi-channel.

Se la supply chain diventa mission-critical
Il cambiamento in atto appare ai più talmente profondo che la metà degli amministratori delegati interpellati riconosce che la propria supply chain può essere un differenziatore strategico.
Peccato, è l’ulteriore puntualizzazione, che ben l’83% ritenga che le proprie catene del valore non siano in una condizione ottimale per soddisfare le attuali richieste dei consumatori 2.0.

A darne ulteriore evidenza è la fotografia scattata tra le pagine di “Ceo Viewpoint: The Strategic Role of Supply Chain in an All-Channel World” da cui si evince che solo il 34% dei Chief executive officer coinvolti nello studio considera la diffusione dello shopping omni-channel come una minaccia, mentre un ben risicato 22% è pronto ad ammettere che la stessa abbia un impatto diretto sulla propria organizzazione.

Nuove priorità per porre nuove basi per la crescita
In questo modo, mentre il mobile commerce raggiunge la propria maturità, una delle sfide principali da affrontare è gestire la trasformazione nel retail omni-channel allineando in modo strategico la supply chain dei retailer alle aspettative dei clienti, per non perdere competitività rispetto alla concorrenza.

Non certo apportando solo qualche leggera modifica.

In gioco ci sono, infatti, sia prioritàtradizionali”, come l’ingresso in nuovi mercati, l’apertura di più punti vendita, fusioni e acquisizioni, sia un aumento delle minacce competitive, con conseguenti riduzioni di margini, costi e capacità di attirare e fidelizzare clienti.

Quel che è peggio, poi, è che stando ai risultati dell’indagine, oltre due terzi dei Ceo interpellati non riuscirebbero a intravedere nel miglioramento della capacità distributiva e della supply chain un fattore chiave per contribuire a promuovere una crescita proficua, come a dire che il rischio è ampiamente riconosciuto ma non esiste una vera strategia per affrontarlo.

Se la supply chain diventa differenziale strategico
Vero è che dal sondaggio è anche emerso che i Ceo che si sono concentrati sull’ottimizzazione della propria catena del valore hanno ottenuto una riduzione dei costi del 15%, hanno portato a meno della metà i livelli delle scorte e sviluppato cicli cash-to-cash tre volte più brevi.

Il ché significa che per acquisire padronanza dei processi di supply chain nell’attuale mondo retail occorre modificare gli investimenti e le priorità commerciali, in quanto l’applicazione delle innovazioni fini a loro stesse non bastano.

Tanto che il suggerimento di Jda Software è interpretare la capacità di reazione come fattore economico, “mentre la velocizzazione del time to market e della reattività tramite una supply chain agile e connessa deve essere strettamente allineata alle priorità di crescita per competere con successo e difendere i margini di profitto”.

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