Il provvedimento, appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale, corregge al rialzo gli importi che gli acquirenti dei supporti di memorizzazione dovranno versare nelle casse della SIAE, la Società Italiana degli Autori ed Editori.
Entrerà in vigore tra 9 giorni il decreto sull’equo compenso
firmato dal ministro per i beni e le attività culturali Dario
Franceschini. Il provvedimento, appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale,
corregge al rialzo gli importi che gli acquirenti dei supporti di memorizzazione dovranno versare nelle casse della SIAE, la Società Italiana degli Autori ed Editori.
L’aggravio
per le tasche dei consumatori viene oggi ufficialmente certificato ed è
verificabile, nero su bianco, esaminando il tariffario aggiornato
contenuto nell’allegato tecnico al decreto (vedere queste pagine).
Con il decreto Franceschini, viene approvato un raddoppio
di quasi tutte le tariffe, rendendo ancor più gravosa una tassa che
peserà non poco su aziende, commercianti e consumatori.
Che cos’è l’equo compenso
Innanzi
tutto, è bene sgombrare il campo da equivoci. Alcuni media, in questi
giorni, hanno riportato la notizia in modo errato spiegando che l’equo
compenso sarebbe una tassa – da versare nelle casse dei detentori dei
diritti sulle varie opere (case discografiche, cinematografiche ed
editori) – a fronte dei download illeciti che vengono operati da siti
web pirata, circuiti peer-to-peer e così via.
Nulla di tutto ciò. L’equo
compenso viene imposto ai produttori ed agli importatori di prodotti
elettronici finalizzati alla riproduzione o alla registrazione di
contenuti digitali come indennizzo sull’utilizzo e la copia privata delle opere protette da diritto d’autore.
In altre parole, è una tassa che viene versata agli autori di un’opera
dell’ingegno come “riconoscimento” economico rispetto al diritto, che
viene accordato all’utente che ha legalmente acquistato – ad esempio –
un CD o un DVD, a copiarne il contenuto su un supporto digitale, per
esclusivo utilizzo personale (ad esempio a mo´ di backup).
L’equo
compenso, ovviamente, si riflette sul consumatore finale perché
produttori e distributori di memorie digitali aumentano di conseguenza
il prezzo dei loro prodotti.
Gli aumenti dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto 20 giugno 2014 (“Decreto Franceschini”)
Pubblichiamo,
di seguito, gli importi che dovranno essere corrisposti dagli
acquirenti di supporti di memorizzazione e di dispositivi che offrono la
possibilità di conservare dati:
– Supporti audio analogici:
23 centesimi per ogni ora di registrazione. Il compenso è aumentato
proporzionalmente per i supporti di durata superiore
– Supporti audio digitali
(CD-R audio, minidisc,…): 22 centesimi per ogni ora di registrazione.
Anche in questo caso il compenso va aumentato in modo proporzionale per
i supporti di durata maggiore
– Supporti dati, anche riscrivibili
(CD-R dati, CD-RW dati,…): 10 centesimi ogni 700 MB. Anche qui il
compenso va aumentato nel caso di supporti di maggior capienza.
– Supporti audio digitali dedicati riscrivibili (CD-RW audio,…): 22 centesimi per ogni ora di registrazione (da aumentare in caso di supporti più capienti)
– DVD RAM, DUAL LAYER, DVD-RW, DVD+RW: 20 centesimi ogni 4,7 GB
– Supporti Blu Ray: 20 centesimi ogni 25 GB
– Schede di memoria: si pagheranno 9 centesimi a GB fino ad un massimo di 5 euro per prodotto
– Chiavette USB: si verseranno 10 centesimi a GB fino ad un massimo di 9 euro per prodotto
– Hard disk: è previsto il versamento di 1 centesimo a GB fino ad un massimo di 20 euro per prodotto
– Memorie o Hard Disk integrati in un apparecchio multimediale audio e video portatile o altri dispositivi analoghi:
equo compenso variabile a seconda della capacità dell’unità di
memorizzazione (da 3,22 euro per 1 GB a 32,20 euro per 400 GB ed oltre)
– Memoria o hard disk integrato in un lettore portatile Mp3 e analoghi o altro apparecchio Hi-Fi
Tra i dispositivi più penalizzati ci sono smartphone e tablet.
In precedenza, infatti, si pagavano 90 centesimi per dispositivo
acquistato mentre zero nel caso dei tablet. Col decreto Franceschini,
verranno versati 3 euro per device con memoria di storage fino a 8 GB, 4
euro da 8 a 16 GB, 4,90 euro da 16 a 32 GB, 5,20 euro oltre i 32 GB.
Anche per i televisori che integrano funzionalità di registrazione è d’ora in avanti dovuto un obolo pari a 4 euro.
Una tassa fuori dal tempo
La copia privata, al giorno d’oggi, ormai non esiste praticamente più. In un’epoca in cui in “digital download” (legale, s’intende) la fa da padrone, una tassa come l’equo compenso appare ormai assolutamente fuori luogo.
Il
download legittimo dei contenuti, come più volte evidenziato anche in
passato, dovrebbe essere sempre più incentivato in modo che sia il
mercato stesso a permettere il giusto foraggiamento delle casse degli
autori, un mercato nuovo – quello digitale – che continua ad offrire
vastissime possibilità di business.
L’equo compenso, inoltre, rischia di danneggiare seriamente le stesse aziende italiane.
Le norme sulla libera circolazione delle merci in ambito europeo fanno
sì che i consumatori acquistino i prodotti che in Italia vengono tassati
da negozi di e-commerce siti in Paesi dell’Unione ove l’equo compenso
non esiste o è molto più leggero che da noi. Basta un clic e il prodotto arriva comodamente a casa od in ufficio
senza balzelli aggiuntivi e, talvolta, appare notevolmente più
conveniente grazie ad un’IVA più leggera, come spesso accade in altre
nazioni europee.
Sono in molti ad aver visto nell’aggiornamento
dell’equo compenso un tentativo di risollevare i bilanci della SIAE
incanalando verso la società presieduta da Gino Paoli circa 150 milioni
di euro, più che raddoppiando il seppur goloso gettito dello scorso anno
(63 milioni).