Le aziende sono su tre livelli di virtualizzazione

Definite le procedure e i controlli per ottimizzare i vantaggi e ridurre i rischi.

Ca e Vmware hanno reso noti i risultati di uno studio teso ad analizzare l’impatto della virtualizzazione sull’operatività dei data center.

Affidato all’It Process Institute (Itpi) e condotto lo scorso dicembre, lo studio identifica le procedure e i controlli da adottare per ridurre i rischi in fase di virtualizzazione dei sistemi business-critical, allorché gli obiettivi dell’ambiente di produzione oltre il semplice consolidamento dei server, evolvendosi verso scenari di alta disponibilità, disaster recovery e gestione dinamica delle risorse.

L’Itpi ha raccolto dati da 323 organizzazioni It nord-americane circa le pratiche adottate per la virtualizzazione dei server, ponendo l’accento sulle procedure e sui controlli maggiormente utilizzati e ha elaborato alcune raccomandazioni corrispondenti ai diversi livelli di maturità.

A livello iniziale, cioè per le aziende impegnate a consolidare i server e a virtualizzare i sistemi business-critical negli ambienti di produzione, esistono 11 pratiche, fra cui l’accesso all’host, i controlli di configurazione e provisioning, il provisioning delle macchine virtuali, il capacity management e il performance management.

A livello maturo, cioè per le aziende che non si limitano al consolidamento dei server ma che definiscono anche obiettivi di alta disponibilità e disaster recovery in ambienti statici sotto altri punti di vista, l’Itpi ha individuato 25 pratiche da raccomandare per consentire all’It di rispondere a eventuali condizioni che possano compromettere le performance con un elevato grado di standardizzazione della configurazione, un provisioning a base di build image approvate e l’adozione di una strategia del tipo “trust but verify”, per assicurare l’uniformità delle configurazioni e dei processi di cambiamento.

In fase di dynamic computing, ossia per le aziende con obiettivi di gestione dinamica delle risorse, l’Itpi ha messo a punto 12 raccomandazioni riguardanti pratiche relative a controlli che interessano principalmente le aree di rilevazione delle configurazioni, approvazione e tracciabilità delle modifiche, capacity management e performance management, maturità generale dei processi atti a facilitare l’automazione.

L’analisi delle metriche prestazionali tangibili ha poi messo in luce l’esistenza di correlazioni statisticamente significative fra l’utilizzo delle pratiche raccomandate e una serie di metriche: l’utilizzo dei controlli di accesso all’host è prognostico di un livello più elevato di disponibilità, misurata in minuti di fuori servizio al mese; l’impiego di pratiche di capacity management è prognostico di una migliore performance nel supporto al servizio, sulla base di metriche come la percentuale di incidenti risolti entro i limiti concordati negli Sla e il tempo medio necessario per ovviare a malfunzionamenti estesi; l’adozione di pratiche di discovery e automazione del provisioning corrisponde a una percentuale maggiore di sistemi di produzione conformi alla configurazione stabilita.

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