Si moltiplicano le soluzioni che consentono di portare applicazioni, file e documenti in “the cloud”.
La smaterializzazione di documenti, attrezzature e uffici resa possibile dai
progressi dei dispositivi di memorizzazione, dei PC e della rete procede rapidamente
verso scenari che solo pochi anni fa sarebbero sembrati quasi fantascientifici.
Dapprima si iniziò con la metafora del “paperless office”:
grazie a scanner e a memorie di massa capaci, diventava possibile acquisire
ed archiviare i documenti cartacei esistenti per poi accantonarli o eliminarli
del tutto. Risolto così il problema dei documenti cartacei preesistenti,
fax virtuali e posta elettronica permettevano poi di evitare che si generassero
nuovi incartamenti, mantenendo in formato unicamente elettronico fin dall’origine
la corrispondenza ordinaria.
Per quanto riguarda la contrattualistica e le comunicazioni ufficiali con valore
vincolante, c’è voluta la Posta Elettronica Certificata (PEC) con
la relativa normativa (regolatoria e cogente) prima che i professionisti, gli
studi e le aziende potessero, anzi dovessero, avvalersi di questo strumento
per tali tipi di comunicazioni. Eliminata la carta, il passo successivo era
quello di alleggerire i professionisti in viaggio rendendo superfluo, in molti
casi, portare con sé il personal computer. E così abbiamo assistito
da un lato a una miniaturizzazione, grazie al passaggio dai laptop a smartphone
sempre più “smart”, sempre più potenti e permanentemente
connessi; dall’altro, a una vera e propria eliminazione del PC, grazie
alle ben note soluzioni per installare su un banale pen drive l’intero
ambiente operativo, con tanto di sistema operativo, applicazioni e dati, utilizzabile
su qualsiasi computer di un internet cafè, sala d’attesa d’albergo
o PC noleggiato. In pratica, tutto il necessario per la propria attività
professionale (quantomeno quella da svolgere in trasferta) veniva “liofilizzato”
in un minuscolo dispositivo di memorizzazione USB, leggero e a prova di urti.
Quanto agli smarrimenti, i due problemi fondamentali, ossia la privacy e il
recupero dei dati, vengono risolti, rispettivamente, con la crittografazione
e con il backup online su server web dei dati del pen drive.
Insomma, a condizione di essersi organizzati opportunamente, è possibile
un rapido recupero dell’operatività qualora il pendrive vada perso
o venga sottratto. Avendo a disposizione un’immagine di applicazioni e
sistema operativo (archiviata in sede o addirittura, se composta di applicazioni
standard da ufficio, scaricabile online da siti come PortableApps.com) e un
account per il backup online dei dati (come Windows Live Workspace, DropBox
o altri), è insomma facile ricostituire l’ambiente software su
un nuovo pen drive e riprendere il lavoro. Ma grazie alla continua crescita
dei servizi online è possibile liberarsi anche di quest’ultima
noia.
Non serve più preparare e configurare un pendrive, portarlo con sé
e organizzare una sorta di “disaster recovery plan” nel caso di
suo smarrimento o malfunzionamento.
Se spostiamo su web tutto quello che ci serve (dati, applicazioni e ambiente
operativo), tutto quello che dobbiamo portare con noi è una password
di accesso al servizio.
Si tratta dell’ultima frontiera della smaterializzazione.
Una versione parziale di questo paradigma è rappresentata dalle suite
di applicativi online, come Google Docs o Zoho. In questo caso, a girare nel
browser sono, di volta in volta, i singoli applicativi, con qualche possibilità
più o meno facile di condividere i dati fra l’uno e l’altro,
e di navigare da un programma all’altro come pagine web (o come schede
di una singola finestra web). Manca però, in questi esempi, una vera
metafora di lavoro desktop simulata all’interno del browser. Per raggiungere
questo livello di simulazione esistono soluzioni di classe enterprise, come
la virtualizzazione vera e propria con accesso remoto, ma esistono anche proposte
più accessibili, che simulano, più che virtualizzare, un desktop
PC classico. In questi sistemi le applicazioni non sono quelle standard, ma
delle versioni che le simulano parzialmente con tecnologia web.
Le immancabili restrizioni funzionali sono in parte compensate dalla estrema
facilità d’uso e dal costo nullo per l’utilizzo dei servizi.
Tre esempi sono G.Ho.St, eyeOS e iCloud.
“Simulare” il desktop
G.Ho.St
Gratuitamente, previa semplice registrazione al servizio (http://g.ho.st/)
che si completa in mezzo minuto senza neppure subire fastidiosi “interrogatori”
o questionari, si ha diritto a un desktop virtuale accessibile da qualunque
browser, con un hard disk da 3 GB (il cosiddetto G.Ho.St drive), una nuova casella
di posta personale da 3GB (all’indirizzo
numerose applicazioni preinstallate.
Il tutto può essere usato da qualunque web browser recente, purché
provvisto del plug-in Flash. Le applicazioni in esecuzione nel desktop virtuale
“vedono” le stampanti o le periferiche audio del PC da cui si accede.
Una volta effettuata la registrazione, le funzionalità che troviamo
preinstallate sul desktop virtuale già al primo accesso comprendono dei
semplici elaboratori testi, fogli elettronici e presentazioni (Zoho Writer,
Zoho Sheet e Zoho Show); accessi facilitati ai principali motori di ricerca
e sistemi di cartografia web based; piccole utilità per il desktop come
calcolatrice, orologio, meteo o foglietti promemoria; accesso alla mailbox di
G.ho.st (con possibilità di monitorare centralmente anche i propri altri
account di posta); accesso ad alcuni sistemi di instant messaging, fra cui Yahoo!IM,
Meebo (multiprotocollo, copre fra gli altri MSN, AIM e MySpace) e Twitter. È
anche disponibile un efficace browser che gira all’interno del proprio
web browser; molti siti (anche complessi e con impiego di Flash) possono essere
aperti con questo strumento, anche se appare più sensato ed efficiente,
per navigare con le migliori prestazioni e con piena compatibilità, usare
direttamente il browser “esterno” e non quello virtualizzato; il
vantaggio di usare quest’ultimo, invece, sta nel fatto che bookmark e
cookie rimarranno memorizzati nel virtual desktop, e risulteranno quindi sempre
persistenti e accessibili a qualunque futuro collegamento. Sono anche preimpostati
diversi RSS feed per notizie, musica e discussioni.
Per quanto riguarda lo storage, oltre al G.ho.st drive già menzionato,
dal Virtual desktop è anche possibile accedere al proprio GoogleDocs
drive se si dispone di un account Google Docs. Ed è facile trasferire
file da e verso il proprio PC: è innanzitutto disponibile un normale
accesso FTP alla propria area di disco, ma sono anche disponibili scorciatoie
per comandare l’upload di un file direttamente dalla finestra del desktop
virtuale equivalente al Risorse del Computer di Windows, nonché uno strumento
(ancora in beta) per sincronizzare i contenuti di Windows o di un Mac con quelli
di G.Ho.st. Tutte le applicazioni disponibili sono costantemente aggiornate
e non c’è alcuna azione amministrativa da compiere per mantenere
efficiente il sistema. In effetti, funzioni come “Installazione applicazioni”
o “deframmentazione disco” o “backup disco” nel pannello
di controllo di G.ho.st non esistono neppure!
Il limite generale di questo sistema è che sul desktop virtuale non
si possono eseguire applicazioni Windows native, ma soltanto applicazioni web-based,
che in diversi casi risultano molto più povere di funzionalità
rispetto a quelle abituali. Questo risulta piuttosto evidente specie nel caso
del word processor. Ma le funzioni di base realmente indispensabili ci sono.
E se tutto quello che occorre è prendere annotazioni semplici e moderatamente
formattate, ZoHo writer può certamente competere con uno strumento come
Windows Write (mentre Word rimane ben lontano e del resto non ha senso un confronto).
Considerazioni analoghe varrebbero per foglio elettronico, software di presentazione
o altro.
Non mancano dei difetti di gioventù che sicuramente saranno risolti
col tempo; per esempio, accedendo con Google Chrome, ci è capitato che
a fine sessione, una volta usciti dal desktop virtuale, il plugin Flash del
browser sia andato in crash.
EyeOS
EyeOS si definisce come il web
desktop del cloud computing open source. Tutto l’ambiente gira all’interno
di un browser. È possibile utilizzare il sistema con un account online
e gratuito, ottenibile con formalità pressoché nulle dall’indirizzo
eyeos.info, dopodiché l’ambiente è immediatamente pronto
per l’uso.
Gli sviluppatori del sistema ne sottolineano, giustamente, la perfetta idoneità
come strumento didattico a costo irrisorio in università e scuole, dove
può non soltanto mettere a disposizione un ottimo ambiente per familiarizzarsi
con le applicazioni desktop, ma anche favorire molto efficacemente il lavoro
di gruppo e la comunicazione intra ed extrascolastica. Addirittura, è
possibile profilare il sistema in modo appropriato per le diverse fasce d’età
degli studenti, ed esiste un profilo specifico anche per i docenti che dispongono
di strumenti per la condivisione di documenti o testi per esami. Installare
un server dimensionato per 300 studenti simultanei comporta un investimento
di appena 1.900 euro, poco più di 6 euro a utente. Proposte per equipaggiare
intere istituzioni della pubblica amministrazione sono da valutare caso per
caso, ma anche in questo caso l’opportunità di risparmio è
evidente.
Oltre a essere un servizio di web desktop virtuale pronto all’uso, eyeOS
si considera una piattaforma per lo sviluppo di web applications. E, infatti,
è disponibile ampia documentazione per chi fosse interessato a contribuire
o a sviluppare la propria applicazione da far girare in questo ambiente. L’interfaccia
di programmazione è basata su un toolkit open source pubblicato sul sito
del produttore. La tecnologia di base impiegata è PHP-AJAX client-server,
perfettamente in linea con le tendenze del Web 2.0. L’architettura di
sistema operativo è altrettanto moderna e prevede un microkernel semplice
e leggero con un chiaro disaccoppiamento fra applicazioni e servizi per garantire
stabilità e sicurezza al sistema. Fra i servizi si annoverano l’accesso
al file system, il messaging system, il log degli eventi, la gestione utenti,
i controlli di sicurezza, l’interfaccia grafica; vi è poi un compendio
di librerie ausiliarie che si occupano di compressione dati, internazionalizzazione
dei messaggi delle applicazioni, manipolazione di dati in formato XML e così
via.
Per lo sviluppo delle applicazioni grafiche sotto eyeOS è anche disponibile
un ambiente visuale integrato in stile Visual Studio. Naturalmente, questo ambiente
gira, a sua volta, dentro eyeOS. Una volta sviluppate, le applicazioni devono
essere confezionate nel formato eyePackage che ne permette la facile distribuzione
nell’ambiente. È così possibile, se lo si desidera, condividere
le proprie applicazioni con la comunità di utenti di eyeOS.
iCloud
Rispetto ai servizi di virtual web desktop precedenti, iCloud si distingue per
la cura grafica ancora maggiore, con una imitazione del desktop di Vista particolarmente
riuscita, che si spinge fino al supporto della semitrasparenza fra le finestre,
ai gadget e così via. Come negli altri casi, la registrazione al servizio
gratuito è assolutamente banale e immediata. Al primo accesso si viene
accolti da un breve ed efficace tutorial in streaming da YouTube, che viene
eseguito direttamente da dentro l’ambiente; naturalmente viene riconosciuto
ed utilizzato il sistema audio del PC su cui gira il browser da cui si effettua
l’accesso.
Fra le prime applicazioni che si notano vi è un pratico messenger compatibile
con un proprio circuito di messaggi istantanei fra le varie istanze di iCloud,
ma anche capace di allacciarsi alla normale rete MSN Messenger. Il file manager
permette di muoversi in modo intuitivo fra le cartelle del virtual desktop ma
anche di caricare comodamente uno o più file dal PC.
Comodissima la funzione per condividere una cartella o dei file con altri utenti
di iCloud o addirittura con chiunque altro via Internet. Con un paio di clic
si stabilisce che cosa debba essere condiviso e con chi, si conferma che la
condivisione dei file scelti non viola la normativa sui diritti d’autore
e si riceve un link da pubblicare o da comunicare. Aprendo tale link, senza
bisogno di avere un account iCloud, chiunque può visitare la cartella
o scaricare il file condiviso, in modo estremamente pratico e diretto. Con utenti
iCloud si può andare oltre la semplice condivisione di file e condividere
addirittura la finestra in cui si sta lavorando.
Sempre in linea con la politica di offrire un ambiente completo di tutti gli
strumenti immancabili su un “vero” desktop, iCloud comprende anche
un notevole media player capace anche di riprodurre video che per molti versi
ci pare più lineare e facile da usare del normale Media Player di Windows.
Non manca una completissima galleria di gadget in stile Vista, fra cui l’orologio,
calcolatrice, previsioni del tempo, visualizzatore di miniature della propria
galleria immagini e molto altro. Numerosi anche i giochi.
Sul fronte produttività appaiono riusciti, per facilità d’uso
e velocità di risposta, il semplice word processor, l’applicazione
Notes, il Calendario, il Money Manager e il modulo Email.
Presente anche un software di presentation. Carenti le capacità di importazione
da/esportazione verso formati standard.
Manca inspiegabilmente una applicazione di foglio elettronico, anche se dovrebbe
essere in arrivo a breve.
Manca un web browser interno al desktop: anche se un browser è logicamente
a portata di mano visto che l’ambiente deve essere fatto girare in un
browser, il fatto di dover uscire dal desktop per aprire un sito web “rompe”
l’illusione, fino a quel punto efficace, di trovarsi davvero in un computer
virtuale a tutti gli effetti.
Già nella versione gratuita iCloud mette a disposizione diversi GB di
spazio di memorizzazione per file e documenti. A pagamento è possibile
salire a 100 GB e più, facilmente accessibili fra l’altro anche
dal proprio iPhone.
Nonostante l’aspetto curatissimo e l’esecuzione tecnica impeccabile,
certe importanti lacune applicative e funzionali in certe aree chiave fanno
apparire iCloud perfetto per la condivisione, la messagistica, le semplici annotazioni,
l’intrattenimento e l’organizzazione degli impegni, ma meno per
la produttività da ufficio classica. Trattandosi di un prodotto ancora
in fase evolutiva, la situazione è, però, destinata a cambiare.
Gli sviluppi futuri
All’orizzonte si profilano nuovi arrivi che ravviveranno lo scenario del
virtual computing. Fra le proposte virtual desktop/virtual PC, è in arrivo
il “peso massimo” Google Chrome OS: un sistema operativo web oriented,
fortemente basato su browser (Chrome) in esecuzione su un microkernel Linux.
Inizialmente, sarà mirato ai netbook ma è facilmente prevedibile
una sua successiva estensione da una parte a dispositivi consumer, dall’altra
a computer per uso generico. Se ne cominciano già a vedere delle convincenti
beta.
Sul fronte delle applicazioni Web (senza quindi una completa metafora di virtual
desktop), accanto al continuo miglioramento di conosciutissime suite come Google
Docs o Zoho Docs è importante il prossimo arrivo delle web application
di Office 2010.