Linus centra il tema: il commento non è un dovere ma un’opzione.
Qualche disagio sta serpeggiando sul Web, chissà, forse anche in modo salutare. Oggetto è lo stesso Web, o perlomeno il modo ossessivo con cui lo si intende. A livello mondiale c’è stato il “pezzo” di Wired, di Chris Anderson e Michael Wolff, che hanno messo in dubbio il suo futuro: tema alto, ripreso e non svolto da tutti.
Su un fronte a noi fisicamente più vicino, dapprima Vittorio Zucconi si è ed ha chiesto sul suo blog, con toni espliciti, a cosa serva Facebook, di fatto lasciando intendere la propria opinione.
Poi Linus ha meditato di chiudere il proprio blog in seguito a una dialettica con i propri lettori che gli contestavano le modifiche di palinsesto.
Non è questa la sede per riportare le scelte editoriali del direttore di Radio Deejay, ma si può invece tenere traccia di due citazioni.
Quella in cui Linus esprime “orrore” per un mondo di Internet in cui chiunque si permette di sentenziare. Uno sfogo accoglibile.
E una seconda, con cui va più in profondità: “c’è una perversione per la quale il pubblico non ha più il diritto di parola, ma quasi il dovere di commento”.
Obiettivo centrato. Linus mette il dito sulla difficoltà di farsi capire, specie se chi legge, più che essere interessato a comprendere opta per dire che esiste.
Il partecipazionismo di Internet, quindi, ha ribaltato il flusso della comunicazione: non si tratta più di raccontare, spiegare, farsi capire, ma di stendere una tovaglia su cui altri possono apparecchiare e mangiare.
I blog erano un diario: io scrivo, tu leggi. Con l’apertura ai commenti sono diventati una lavagna: io scrivo, tu scrivi. Con l’affermarsi del social network sono assurti a cosmo, a intreccio di percorsi, a formicaio. Il rischio è di non incrociarsi mai. E se accade è più uno scontro che non un incontro. A che serve allora, ci chiedono Zucconi e Di Molfetta?
Così, effettivamente, a poco, se non ad aumentare l’entropia.
In tempi di ricerca di sostenibilità tutta questa energia che si sprigiona in rete meriterebbe essere incanalata a sfondo produttivo. Qualcuno potrebbe dire che ci vuole una governance. Bene, purché parta dal gradino giusto. Che poi è il solito, quello del buon senso e del rispetto.