Investimenti in Ict: l’Italia va a due velocità

In altri Paesi europei si tornerà alla spesa pre-crisi nel 2012. Da noi, se le cose non cambiano, dopo un lustro. Eppure le medie imprese danno segni di sviluppo.

Se è vero che in uno scenario economico dominato dall’incertezza le aziende devono mettere in atto politiche di innovazione in prodotti, servizi e organizzzazione, allora nei prossimi anni l’Ict continuerà ad avere un ruolo centrale nell’elaborazione delle strategie di impresa.

È questa la tesi sostenuta da Umberto Bertelè, presidente della School of Management del Politecnico di Milano, al convegno “Ict e innovazione: cronaca di una rivoluzione più volte annunciata”, l’appuntamento svoltosi nei giorni scorsi a Milano che ha concluso l’anno di attività della Management Academy for Ict executives.

Il ruolo che oggi l’Ict continua a svolgere nel suo complesso è di primaria importanza nell’economia mondiale: «Guardando ai dati di capitalizzazione delle prime 60 aziende quotate nelle borse di tutto il mondo, il numero di quelle legate all’Ict è pari a 16 – ha detto Andrea Rangone, responsabile scientifico Management Academy for Ictexecutives del Politecnico di Milano -. È a tutti gli effetti il settore più consistente, le aziende del comparto energia in questa classifica sono solo sei».

Ma andando ad analizzare soltanto i nomi dei protagonisti dell’Ict odierni si ha la netta evidenza di ciò che è cambiato in questi anni. Il primato spetta ad Apple, arrivata ai vertici grazie al successo dell’iPhone e ora dell’iPad, ma c’è anche Google in quarta posizione.
Inoltre insieme a nomi Ict più tradizionali come Microsoft, Ibm, Oracle, Intel, Cisco e Hp, spicca una presenza massiccia degli operatori di telefonia, soprattutto mobile (China Mobile, At&T, Vodafone, America Movil, Telefonica e Verizon) e non manca anche un operatore dell’elettronica di consumo come Samsung.

Insomma, la classifica conferma ancora una volta che oggi nell’Ict è il mercato consumer in generale, e mobile in particolare, a guidare le danze e con questo bisognerà fare i conti nelle imprese che vogliono fare innovazione nei prossimi anni.

Andando a vedere qual è lo stato dell’Ict in Italia si conferma, invece, il ritardo complessivo che registriamo da tempo con gli altri Paesi: «Il confronto con la Germania è per noi impietoso – ha detto Rangone -. Dopo la crisi generalizzata del 2009, la spesa Ict quest’anno in quel Paese è tornata a crescere a un tasso del + 3,4%, da noi siamo al +1,9%. La spesa procapite in Ict per i tedeschi è pari a 880 euro, da noi siamo a meno della metà: 315 euro, e naturalmente siamo indietro anche nella diffusione dei pc ogni cento abitanti e in tutti gli altri indicatori».

Ritardi che peseranno come una zavorra sulla ripresa del settore: «Gli altri Paesi europei ritorneranno sui livelli di spesa Ict registrati prima della crisi probabilmente a fine 2012, noi dovremmo aspettare almeno cinque anni se non di più».

Ma l’Ict è stato però anche uno dei fattori che ha permesso alle medie aziende di affrontare con successo l’innovazione di prodotti, processi e tecnologie anche in questi anni crisi.
Non l’unico naturalmente: «Queste realtà a fronte di una solidità finanziaria che registravano anche prima del 2008, in questo biennio hanno avuto il coraggio di fare le pulizia straordinarie al loro interno per rendere le loro strutture più efficienti, e hanno puntato a vendere prodotti e servizi nei mercati emergenti» ha detto Rangone.
E i risultati non sono mancati: «Su un campione di 82 imprese con fatturati inferiori al miliardo di euro, abbiamo riscontrato che i ricavi del 2009 nel 27% dei casi sono cresciuti più del 20%, e più del 55% del nostro campione ha registrato anche un aumento del margine operativo, l’Ebitda, sempre superiore al 20%».

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