Un’indagine Assolombarda-Bocconi evidenzia che le industrie solide pensano più alla qualità che al taglio dei costi
La crescita è diventata un imperativo per le imprese d’eccellenza, che preferiscono puntare le loro carte su qualità dei prodotti e acquisizioni di nuove competenze piuttosto che sul mero taglio dei costi. È quanto evidenzia la ricerca “Imprese oltre la crisi”, elaborata dell’Osservatorio Assolombarda-Bocconi, che ha analizzato andamento e strategie di 60 aziende industriali di successo associate ad Assolombarda. Si tratta cioè di imprese di diversi settori che negli ultimi anni hanno presentato conti economici e situazioni patrimoniali migliori rispetto alla media: nell’arco di cinque anni (2004-2008) le aziende analizzate hanno infatti realizzato una crescita complessiva del 41% circa. Anche la battuta d’arresto del 2009 è stata senza dubbio significativa (-11% rispetto al 2008) ma comunque meno catastrofica della media del comparto (-15,1% secondo i dati Istat).
Una solida capitalizzazione
Lo stato di buona salute di queste industrie è però certificato soprattutto dai numeri sull’indebitamento (rapporto tra attivo e patrimonio netto): dopo un picco negativo raggiunto nel 2006, già a partire dal 2007 questo indice ha iniziato a ridursi, segno che le aziende hanno saputo cogliere i primi segnali della recessione e avviato operazioni di patrimonializzazione che hanno evitato (soprattutto nel biennio successivo) un’eccessiva dipendenza dal traballante sistema creditizio. Qualcuno potrebbe pensare che sia facile reperire risorse economiche per le grandi industrie del Nord, ma in realtà la maggioranza delle imprese analizzate è di dimensioni piccole e medie: 11 fatturano meno di 10 milioni di euro e altre 27 tra i 10 e i 100 milioni. I concorrenti di queste aziende, molto spesso, sono società multibusiness dei paesi occidentali che possono essere grandi 5 o 10 volte di più, ma le imprese di eccellenza lombarde stimano comunque di controllare percentuali considerevoli (sino al 20% a livello globale) dei propri mercati specialistici.
Internazionalizzazione spinta
I punti di forza, secondo i dirigenti intervistati, sono legati alla qualità del prodotto e del capitale umano, al contenuto tecnologico e all’immagine e alla reputazione del marchio. Come ha spiegato Andrea Boragno, amministratore delegato di Alcantara, «Nel biennio più acuto della crisi è stata molto importante la politica di riposizionamento del marchio avviata negli anni precedenti. Nei momenti di crisi il mercato (sia b2b che privati) vuole certezze». I competitor stranieri sono invece nettamente avvantaggiati in termini di prezzi e costi e di vantaggi legati alla maggiore dimensione. Anche per questo motivo le imprese lombarde d’eccellenza hanno capito che una politica orientata alla crescita è indispensabile per poter competere nel lungo periodo sui mercati internazionali.
Secondo la ricerca Assolombarda-Bocconi 60 imprese lombarde hanno infatti effettuato complessivamente 210 mosse strategiche tra il 2000 e il 2010, di cui ben 186 (l’89%) possono essere definite come orientate alla crescita. Si è trattato soprattutto di interventi mirati al rafforzamento della competitività interna, mediante una maggiore attenzione alla qualità dei prodotti e dei costi, all’efficienza degli impianti ma anche all’espansione dei confini d’impresa (ovvero internazionalizzazione, ben 65 mosse) o alla diversificazione del business.
Poche le fusioni
Gli imprenditori lombardi per crescere non hanno guardato soltanto all’interno dell’azienda ma anche verso l’esterno: una strategia su cinque ha infatti comportato acquisizioni, alleanze o partnership. In maniera abbastanza tradizionale, i proprietari delle imprese di eccellenza tendono comunque a detenere il 100% del capitale sociale, evitando la presenza di soci di minoranza. Pochissimi, se non assenti, sono i casi di fusioni. La grande maggioranza ha scelto piuttosto di costituire una joint venture che, non di rado, è stata acquistata in un secondo momento. Le imprese che hanno avuto la necessità di crescere rapidamente hanno invece optato per una politica di acquisizioni. «Le industrie analizzate dalla ricerca sono votate alla crescita più della media del comparto, ma io sono convinto che nel nostro Paese ci sia spazio per lo sviluppo di tutte le imprese – ha osservato Luca Paolazzi del Centro Studi Confindustria -. Ci deve però essere un’adeguata impostazione culturale delle imprese: per crescere occorre innovare».