Il rischio di credito nelle esportazioni

Mentre le preannunciate riforme del sistema di promozione all’estero tardano ad arrivare, affrontiamo un problema fondamentale nelle operazioni con l’estero: quali sono i rischi che un esportatore deve affrontare quando vende merci o servizi oltre confine?

Una semplice e simpatica descrizione di questi rischi è fornita da Nicola Garofalo nel libro “Trade finance” (Autori vari, Il Sole 24 Ore, 2009), ed è sintetizzata nella “cipolla dei rischi” (v. tavola sotto). La cipolla rappresenta la stratificazione dei rischi nel commercio estero, che come si vede è molto complessa ed articolata. Questa complessità ha fatto sì che la direzione finanziaria delle aziende, e soprattutto di quelle che operano spesso con l’estero, si debba concentrare ormai quasi più sul risk management (cioè sulla gestione dei rischi) che non sulle tradizionali funzioni di debt management (gestione dei debiti con banche e altri intermediari finanziari) e sul cash management (gestione della liquidità e della tesoreria). E, a ben guardare, tesoreria e cash flow sono in gran parte funzione di come si gestiscono i rischi, a cominciare dai crediti. Per cui ci soffermeremo, in questo intervento, sulla “buccia” di questa cipolla, cioè sul rischio di credito, che è quello più evidente, e comprende altri rischi che sono negli strati interni di questa rappresentazione. Questo ci darà modo di esaminare, in altre future occasioni, gli strumenti di gestione del rischio di credito.

La “cipolla dei rischi” nel commercio estero


Cos’è il rischio di credito?
Definire che cosa si intende per rischio di credito non è un puro esercizio accademico, perché al suo interno rientrano gran parte delle tipologie di rischio nelle vendite.
Possiamo considerare il rischio di credito come il pericolo derivante da eventi che possono condurre ad un danno economico, di svariate forme, a carico del venditore, e che obbligano quest’ultimo a dovere, in un modo o nell’altro, concedere un affidamento alla contropartita estera. Tale affidamento varia a seconda dell’importo e della durata dell’operazione, dai pochi mesi necessari per una fornitura agli anni richiesti da una lunga dilazione di pagamento o dal pay-back di un investimento. Quale può essere il danno economico per il venditore? Lo vedremo meglio in seguito, ma consideriamo subito che se il danno più evidente è il non pagamento, ve ne sono altri che non sono certo da sottovalutare: ad esempio il ritardo di pagamento (che in ogni caso produce maggiori oneri finanziari), ed altre inadempienze pericolose per gli esportatori (come la revoca di commessa, il mancato ritiro della merce, l’indebita escussione delle fideiussioni), che comunque provocano un danno economico.
Ad ogni vendita, domestica o all’esportazione, è connesso un rischio di credito. Non è che il rischio di credito su debitori italiani sia meno grave di quello su debitori esteri, anzi, è vero il contrario. La tavola sotto, presa da dati della assicurazione pubblica francese Coface, dimostra come gli incidenti di pagamento (insoluti e ritardi notevoli) da parte di debitori italiani, siano stati sempre maggiori della media mondiale. A ciò si aggiunga che la Banca Mondiale stima un periodo molto lungo per riscuotere in sede giudiziaria un pagamento a fronte di un contratto inadempiente (1.210 giorni, più di Gabon, Liberia e Guinea), e un costo molto elevato (29,9% del debito insoluto, diviso fra spese legali, costi del tribunale e costi relativi alle procedure esecutive).

Incidenti di pagamento di debitori italiani



Ma quando si parla di vendite all’estero, al rischio della controparte commerciale si aggiunge anche il rischio paese. Il rischio di credito sull’estero si divide infatti in due categorie principali:

  • il rischio commerciale, che è connesso all’eventualità che il nominativo estero sia insolvente o inadempiente, sotto molteplici punti di vista: perché non paga merci e servizi ricevuti, perché non rimborsa i crediti, escute indebitamente le fideiussioni rilasciategli, sospende o revoca arbitrariamente la commessa, non ritira le merci anche se conformi alle sue richieste, non adempie alle obbligazioni sociali di sua spettanza, ecc. Da questo punto di vista possiamo quindi dividere fra varie ipotesi:
  • insolvenza di diritto (quando il debitore fallisce, viene liquidato, oppure adisce una delle procedure concorsuali attive nella sua legislazione);
  • insolvenza di fatto (quando il debitore non paga pur non essendo insolvente di diritto, per le più svariate ragioni);
  • inadempienza a una o più obbligazioni contrattuali (ad esempio indebita escussione delle fideiussioni, revoca della commessa, mancato ritiro della merce acquistata pur se conforme ai dettati del contratto commerciale o di un credito documentario ecc);
  • il rischio paese, che è rappresentato da una serie di eventi, non direttamente imputabili alla singola contropartita, che comunque provocano gli stessi effetti di insolvenza o inadempienza sopra citati, a carico sia di un debitore privato sia di un debitore pubblico. Il rischio paese a sua volta si divide in:
  • rischio sovrano, cioè il rischio che uno Stato sovrano metta in atto disposizioni, norme e leggi che producano effetti tali da impedire il pagamento del corrispettivo in un contratto commerciale o l’esecuzione di un accordo (ad esempio la costituzione di una società); e
  • rischio di trasferibilità valutaria, relativo alle disposizioni che impediscono, indipendentemente dalla volontà della contropartita commerciale, di trasferire in valuta convertibile tale corrispettivo o capitali e redditi relativi ad un investimento/disinvestimento.

La Sace (la nostra agenzia pubblica di assicurazione dei rischi sull’estero) fornisce una descrizione più dettagliata del rischio paese, in cui oltre al rischio sovrano vero e proprio (definito come capacità o volontà di un debitore sovrano di onorare i propri impegni) confluiscono anche:

  • il rischio politico (eventi di natura non economica derivanti da conflitti, mutamenti istituzionali e atti unilaterali dei governi), che quindi riguarda:
  • – la politica interna;
  • – le relazioni internazionali;
  • il rischio economico (fattori che influenzano la crescita economica di un paese), che quindi riguarda:
  • – l’attività economica;
  • – il bilancio pubblico;
  • – l’inflazione;
  • – la bilancia dei pagamenti;
  • – il debito estero;
  • – le riserve valutarie;
  • – il tasso di cambio;
  • il rischio finanziario, che riguarda:
  • – la struttura del sistema bancario e finanziario;
  • – la loro performance;
  • – il mercato azionario;
  • il rischio operativo (rischio connesso alle attività di business nel paese), che riguarda:
  • – il sistema legale;
  • – l’atteggiamento nei confronti degli investitori esteri;
  • – le infrastrutture;
  • – la sicurezza.

A ciascuno di questi fattori viene attribuita una valutazione. I rating attribuiti da Sace per il rischio politico, economico, bancario, operativo si dividono in 3 categorie: rischio basso, medio ed elevato. L’outlook può essere stabile, positivo o negativo.
Dalla ponderazione di tali valutazioni si giunge quindi ad un rating attribuito da Sace ai vari paesi per il “country risk”. Questi rating si dividono in 3 categorie: Low (rischio basso); Medium (rischio medio) e High (rischio elevato). Ciascuna categoria di divide inoltre in tre segmenti. La scala completa (rischio crescente) è pertanto: L1, L2, L3; M1, M2, M3; H1, H2, H3. L’outlook può essere stabile, positivo o negativo.
Per ciascun paese la Sace predispone una scheda, in cui per ciascuno di questi rischi vengono fornite delle quotazioni: è un’indicazione di mercato molto importante, perché ci dice come la nostra assicurazione valuta i vari elementi del country risk, ma soprattutto in che misura sia disponibile a concedere coperture assicurative su di essi a banche e imprese esportatrici.
Da queste indicazioni partiremo, nei prossimi interventi, per rispondere a due domande fondamentali: come valutare il rischio paese e il rischio commerciale quando si effettuano delle esportazioni? E quali strumenti usare per coprirsi da questi rischi?

(per maggiori approfondimenti vedi Finanziamenti e credito, Novecento Media)

Sottoponeteci i vostri dubbi e ipotesi inviando i quesiti a: Redazione “Finanziamenti & credito” – fax 02.23002411 – e-mail redazione@finanziamentiecredito.it.
Attraverso le pagine della Rivista verrà dato spazio alle casistiche più interessanti e generali.

*Consulente di finanza e internazionalizzazione, professore a contratto di Finanza Aziendale Internazionale all’Università di Padova e docente del Master in Commercio Internazionale

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