Business intelligence? Vanno evitate le worst practice

Lo suggerisce il responsabile italiano di Information Builders, Mauro Grassi. Il fine è portare la Bi dall’attuale 20% a tutta l’azienda. La strada è valida anche per arrivare alla data quality.

Mauro Grassi è Business Development Manager di Information Builders per l’Italia, carica che ha assunto dopo esperienze in Sap (Business Objects), quindi di Business intelligence ne mastica parecchio.
Spontaneo quindi chiedergli una vista dall’alto sulla situazione nazionale del settore.

Per Grassi serve puntare l’attenzione più che sulle best practice, sulle worst practice, per individuare immediatamente le aree di intervento e di miglioramento della gestione dei dati per il business.
Un approccio che si basa sull’esperienza costruita negli anni, utile per cercare e mettere a frutto il valore aggiunto.

Ma in Italia si fa Data quality?
«Ancora poca, il tema è sostanzialmente nuovo a queste latitudini. Ma bisogna parlarne e noi intendiamo farlo. Qualche azienda che vuole ascoltare c’è».

Information Builders, da tempo presente in Italia in forma indiretta, ora ha una sede avviata e operativa.
Su cosa punta?
A fare chiarezza sulla Bi e a dare le chiavi di accesso allo sviluppo aziendale, con strumenti, piattaforme, ma tanta analisi di comprensione della situazione, con l’aiuto di partner specifici per know how e per competenza territoriale (da Tagetik a Ferlini, da Avrion a Gds).

La chiarezza, si diceva, parte proprio dal tema worst practice, che significa fare piazza pulita da fraintendimenti.
Dice Grassi che «I maggior errori che si compie sono quelli di presumere che tutti in azienda abbiano il know how per usare le applicazioni di Bi; di consentire che Excel diventi la piattaforma di intelligence; di pensare che un datawarehouse risolva tutte le esigenze di accesso alle informazioni e di presentazione delle stesse; di scegliere uno strumento di Bi senza aver prima individuato una specifica esigenza aziendale».

Le cattive abitudini da evitare sono tante, quindi, e la struttura interna ed esterna che Grassi sta mettendo a punto cercherà di sanarle.
Ovviamente aiutandosi con la tecnologia che Information Builders realizza.
WebFocus è la piattaforma, fatta da un cuore di intelligence (con funzioni di reporting, query, dashboard) a cui si aggiungono funzioni cosiddette “extended”. Qui si parla di performance management, enterprise search, analisi predittiva, mapping, mashup, sviluppo applicativo, mobile. E anche di Master data management e Data quality, un punto d’arrivo.

Il goal? Grassi non esita: «Portare la Business intelligence dall’attuale 20% al 100% dell’azienda».

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