Un nuovo disegno di legge potrebbe definire nuove responsabilità per i provider e introdurre nuove misure per il contrasto delle violazioni dei diritti di proprietà industriale operate attraverso Internet.
In queste ore l’intreccio politica-Rete torna a far parlare di sé. In Parlamento è stato infatti presentato un disegno di legge che mira a modificare due articoli della normativa emanata nel 2003 (9 aprile 2003, n.70) in attuazione della direttiva europea relativa, in particolare, ad aspetti legati al commercio elettronico. La proposta di legge, presentata dalla deputata Centemero e firmata anche da Santo Versace, sembra incentrata ad introdurre alcune novità che andranno a definire nuove responsabilità per coloro che offrono “servizi della società dell’informazione” – così vengono definiti – e misure per il contrasto delle violazioni dei diritti di proprietà industriale operate attraverso Internet.
Nel primo articolo del disegno di legge si fissano le circostanze in cui un “fornitore d’accesso” non può non essere ritenuto responsabile circa eventuali violazioni commesse dai suoi utenti. “Non appena a conoscenza di tali fatti (violazioni degli altrui diritti d’autore) su comunicazione delle autorità competenti o di qualunque soggetto interessato, agisca immediatamente per rimuovere le informazioni o per disabilitarne
l’accesso“, si legge nel testo della proposta di legge. Il provider dovrebbe quindi attivarsi subito per l’eliminazione delle informazioni oggetto di contestazione, sulla base di una semplice segnalazione del detentore del copyright o di qualunque altro soggetto interessato.
“Cosa cambierebbe rispetto al passato? Che mentre con la normativa odierna, a poter avvertire il provider che si deve attivare è solo l’autorità competente e l’autorità giudiziaria, se venisse approvato il DDL Centemero-Versace a richiedere la cancellazione e la disabilitazione (di un qualunque contenuto pubblicato online, n.d.r.) potrebbe essere “chiunque”“, osserva l’avvocato Fulvio Sarzana. “Ed il provider sarebbe obbligato a cancellare, disabilitare e impedire l’accesso al cittadino“.
Per così come è stato elaborato, il testo della normativa viene considerato piuttosto “pericoloso” perché rendere facile, per qualunque soggetto, esigere la rimozione di un contenuto, senza che siano state effettuate tutte le verifiche del caso e senza neppure un confronto in Tribunale. Una spina nel fianco, insomma, da un lato, dei fornitori dei servizi (non si pensi solo ai “grandi nomi” ma anche anche alle piccole realtà che mettono a disposizione aree di discussione e strumenti per la condivisione delle informazioni) ma anche di tutti i “cittadini della Rete”.
Non solo, secondo l’avvocato Sarzana, la nuova disposizione “di fatto trasformerebbe il semplice cittadino in un soggetto in grado di svolgere la stessa funzione della polizia giudiziaria, senza peraltro passare in alcun modo per l’Autorità giudiziaria. (…) Il nostro ordinamento è sottoposto al principio di legalità formale e di separazione dei poteri, il che significa che per poter reprimere determinati comportamenti, con tutte le garanzie del caso, ci sono gli organi preposti, ovvero gli organi di polizia, e la magistratura e non “qualunque interessato”, magari “assetato” di vendetta“.
Nella seconda parte del disegno di legge, invece, si introduce un obbligo in capo ai provider che, di fatto, dovrebbero essere tenuti a verificare tutte le circostanze in cui un ulteriore servizio messo in piedi di parte di terzi possa costituire violazione per i diritti d’autore altrui. Si tratta di “una responsabilità preventiva oggettiva per fatti di terzi, come viene affermato anche espressamente nella relazione di accompagnamento“, afferma Sarzana rimarcando come, col nuovo impianto normativo, il provider sia chiamato ad adoperarsi per “la rimozione dell’informazione illecita o la disabilitazione dell’accesso alla medesima precisando che questa possibilità sussiste anche quando di queste violazioni il prestatore non debba essere considerato civilmente o penalmente responsabile“. Il punto di vista sembra quindi diamentralmente opposto a quanto attualmente previsto nell’articolo 17 della direttiva sul commercio elettronico che “svincola” i provider dall’obbligo generale di sorveglianza. Come evidenzia Sarzana, la responsabilità civile e penale si applica adesso al provider “che non abbia adempiuto al dovere di diligenza che è ragionevole attendersi da esso e che è previsto dal diritto al fine di individuare e di prevenire taluni tipi di attività illecite“.
Infine, i provider sarebbero d’ora in poi tenuti alla sospensione dei servizi per evitare l’accesso da parte di quegli utenti che si siano macchiati di violazioni dei diritti d’autore altrui. Viene prescritta anche l’adozione di filtri atti a prevenire la pubblicazione non autorizzata di materiale soggetto a copyright. Una sorta di HADOPI all’italiana, decisamente più severa rispetto a quella entrata in vigore Oltralpe.