A dirlo è una ricerca del McKinsey Global Institute condotta su oltre 4.800 Pmi, di cui 415 italiane che, dati alla mano, conferma come a investire nell’economia digitale le piccole e medie imprese hanno tutto da guadagnarci. Ecco come.
Indipendentemente dal settore economico in cui operano, le imprese presenti su Internet fatturano ed esportano di più. A dirlo è McKinsey e un’indagine condotta dal suo Global Institute su oltre 4.800 Pmi operanti in 13 Paesi, Italia compresa, in cui le realtà interpellate sono state ben 415.
Per tutte la medesima sentenza: chi è presente nel mondo digitale cresce a una velocità più che doppia rispetto a chi su Internet ha una presenza minima o sul Web proprio non c’è. Ma non solo. Chi vende su Internet e investe oltre il 2% del proprio fatturato annuo in tecnologie online porta a casa un tasso di crescita di poco inferiore al 10% rispetto alle altre.
Anche in termini di export, le imprese ad alta intensità Web registrano una media dei ricavi “oltreconfine” superiore al 5% rispetto a poco più del 2% di quelle scarsamente attive online. L’aumento di produttività stimolerebbe, inoltre, il fatturato abbassando il costo del venduto e riducendo le spese amministrative con sommo gaudio della redditività.
Sarà per questo che, oltre a colmare il digital divide e a pianificare reti di nuova generazione, tra le 12 proposte messe a punto dal Dag – Digital Advisory Group ufficializzato proprio ieri, ci sono anche il lancio di una serie di roadshow regionali dedicati alle piccole e medie imprese; attività mirate per sostenerne le attività di e-commerce e la costruzione di una Digital Experience Factory per far toccare con mano, in un ambiente reale ma simulato, cosa può voler dire per una piccola e media impresa essere nel mondo digitale, anche dal punto di vista della produttività interna.
Nella promessa di Vittorio Terzi (senior director di McKinsey & Company, Italy, e presidente dell’American Chamber of Commerce in Italy, che ha promosso il gruppo attualmente composto da 30 organizzazioni, tra aziende private, pubbliche e università), tutte le mosse per colmare “nel medio periodo” il gap che ostacola l’avvento di una reale economia digitale in Italia.