Meno posti fissi, retribuzioni inferiori all’inflazione, potere d’acquisto eroso, ma anche poca formazione e altrettanto scarni percorsi di carriera. Il mercato del lavoro It fotografato da Idc per Assintel rispecchia le dinamiche della crisi in atto.
È un consolidamento di dati negativi quello eviscerato dal research director It di Idc Italia, Fabio Rizzotto, per conto di Assintel nel corso della presentazione dei dati riferiti all’ultimo Osservatorio dei profili professionali che operano nel settore Ict realizzato con la collaborazione di Aica Milano, Gi Group, itSmf Italia, Iwa e Od&M.
Forte di un campione rappresentativo di un segmento di mercato che, in Italia, conta quasi 130mila imprese (software, consulenza e servizi It in primis) per oltre 600mila addetti (tra dipendenti, collaboratori e consulenti), quello osservato a giugno di quest’anno su dati Movimprese è un quadro dove, a discapito dei contratti di lavoro dipendente, ad aumentare è soprattutto la componente atipica che, legata a filo doppio con l’incremento delle Partite Iva, “volontarie ma anche forzate”, ha portato quest’ultime a sfiorare quota 153.800, divenendo un quarto del totale, a chiara compensazione giudicata “impropria” del deflusso occupazionale del lavoro dipendente innescato dalla crisi.
Il tutto, come evidenziato da Rizzotto, «rafforzando dimensioni medie di imprese sempre più piccole a conferma di un nanismo che continua a caratterizzare il nostro tessuto imprenditoriale evidenziando ulteriormente il ruolo chiave delle micro e piccole organizzazioni di casa nostra».
Guardando alle caratteristiche “strutturali”, i dati di riferimento sono quelli provenienti da un campione di 225 imprese del settore indagate tra settembre e ottobre 2011, con la maggioranza dei rispondenti rintracciati tra i responsabili delle risorse umane che, nelle realtà di più piccole dimensioni, hanno coinvolto direttamente titolar o presidenti.
Quel che ne è venuto fuori è un quadro in cui a prevalere (per il 70%) è il contratto terziario e del commercio, mentre nella composizione della forza lavoro, quella atipica dei collaboratori arriva a pesare per circa il 30%.
Ancora una volta si confermano i divari di genere, con le donne che popolano maggiormente i livelli impiegatizi, rispetto a quelli manageriali ricoperti dai colleghi maschi.
Dal punto di vista delle competenze e della formazione, il quadro tracciato da Rizzotto avvalora l’esistenza di una buona percentuale di imprese (65%) che, «pur non avendo un processo strutturato ha, comunque, attivato al suo interno un procedimento informale di valutazione», mentre un “timido” 22% dei rispondenti ne possiede uno con tutti i crismi.
«Da parte di quest’ultimi – è l’ulteriore valutazione -, la frequenza con la quale il personale viene valutato evidenzia una componente semestrale dimezzata rispetto a quella annuale rilevata lo scorso anno anche in virtù dello scenario complessivo nel quale ci troviamo e che ha portato ad aumentare la frequenza di valutazione».
Ancora una volta, le imprese che hanno un processo di valutazione dei dipendenti strutturato si confermano anche quelle che credono maggiormente nel valore della condivisione degli obiettivi d’impresa.
Formazione sì ma solo nelle aziende di più grandi dimensioni
Ciò detto, rispetto alla presenza di piani strutturati di formazione aziendale (con una prevalenza di finanziamento pubblico), il totale del campione ha risposto positivamente nel 70% dei casi caratterizzanti, soprattutto, le imprese di grandi dimensioni rispetto alle più piccole «che svolgono processi di formazione gestendoli in maniera più informale».
Di positivo, per l’analista Idc, ci sarebbe anche il numero di ore di formazione per dipendenti che, a livello annuale, farebbe emergere orizzonti formativi differenziati «con una maggiore prevalenza all’aggiornamento tecnologico e un peso minore dello sviluppo di competenze manageriali».
Taglio dei costi come “strategia di sopravvivenza”
Peccato che il nostro tessuto imprenditoriale sia costellato da Pmi e che dal punto di vista delle retribuzioni e delle tariffe professionali, il dato emerso anche nel 2011 conferma un trend secondo il quale i compensi crescono meno dell’inflazione e i
lavoratori del comparto It guadagnano dal 5 all’8% in meno rispetto ai
colleghi occupati in altri comparti della medesima azienda.
In altri termini, a fronte di una caduta in picchiata (-8,1%) riportata nel 2009 e di un quasi positivo -1,7% del 2010, nel 2011 ancora in corso le tariffe professionali medie sarebbero nuovamente tornate a decrescere del 2,2%, con un picco di sofferenza (-3,9%) riportato da quelle legate agli sviluppi applicativi.
+9% le retribuzioni per key account manager e responsabili di help desk
Con questo, resta la nota di positività riportata da Simonetta Cavasin, general manager della società di consulenza direzionale di Gl Group che, «per evitare di guardare sempre il bicchiere mezzo vuoto» ricorda come figure professionali come i key account manager e i responsabili di help desk abbiamo visto le proprie retribuzioni aumentare oltre il 9%.
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