Lo sostiene la CGIA di Mestre, che sottolinea il fatto che in Europa tale percentuale scende al 25%. Nel nostro Paese la media dei ritardi superi di 26 giorni quella continentale e dal 2008 al 2011 è passata da 28 giorni a 53 giorni (180 nel caso della Pubblica amministrazione).
La CGIA di Mestre non ha dubbi: è il ritardo dei
pagamenti la causa del 31% dei fallimenti in Italia. A questo risultato la CGIA
è giunta associando ai dati di Intrum Justitia, secondo cui le aziende che in
Europa falliscono a causa dei ritardati pagamenti è pari al 25% del totale, il
fatto che nel nostro Paese i detti ritardi superano di 26 giorni la media
continentale. Il computo globale indicherebbe quindi che dei 11.615
imprenditori italiani che hanno portato i libri contabili in Tribunale,
circa 3.600 (il 31% del totale) lo hanno fatto a causa dell’impossibilità di
incassare in tempi ragionevoli le proprie spettanze.
Sicuramente, l’attuale crisi economica ha avuto un suo peso e ha aggravato la situazione. Prova
ne è che negli ultimi 4 anni il trend dei ritardi in Italia è quasi raddoppiato
(+97,5 %), portando la media dei 27 giorni del 2008 ai 53 del 2011. Le cose
peggiorano ulteriormente se consideriamo le tempistiche di pagamento della
Pubblica amministrazione: si arriva infatti fino a 180 giorni. Secondo la CGIA,
tale situazione, tra il 2008 e il 2011, ha portato al fallimento oltre
39.500 aziende.
Se si fa un’analisi a livello territoriale, i nota
che è la Lombardia la Regione che ha subito il numero più elevato di
fallimenti, sia in termini assoluti, sia quando si prende in considerazione
l’incidenza ogni 10.000 imprese attive. Più in dettaglio, nel 2011 sono
stati 2.613 gli imprenditori lombardi che hanno dichiarato fallimento, il che
equivale a 31,5 fallimenti ogni 10.000 aziende attive.
“Pur
riconoscendo che questo Governo ha iniziato con il piede giusto –
commenta Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre – è necessario che recepisca quanto prima la Direttiva europea contro il
ritardo nei pagamenti. La mancanza di liquidità sta facendo crescere il
numerodegli ‘sfiduciati’,
ovvero di quegli imprenditori che hanno deciso, nonostante i grossi problemi
che si sono accumulati in questi ultimi anni, di non ricorrere all’aiuto di una
banca. E’ un segnale preoccupante che rischia di indurre molte aziende a
rivolgersi a forme illegali di accesso
al credito, con il pericolo che ciò dia luogo ad un aumento
dell’usura e del numero di infiltrazioni malavitose nel nostro sistema
economico”.