Nel ciclo di vita dell’opensource, dopo le prime tre fasi di concepimento, sperimentazione e implementazione in ambito mission-critical, il prossimo passo è rappresentato dal suo utilizzo massiccio in ambienti cloud, per la realizzazione di Infrastructure e Platform as a Service.
Gianni Anguilletti, country sales manager di Red Hat Italia, ha delineato per noi l’evoluzione del ciclo di vita dell’opensource: dopo concepimento, la sperimentazione e l’implementazione in ambito mission-critical, il prossimo step prevede la sua adozione massiccia in ambito cloud.
La aziende che puntano sulle tecnologie opensource, infatti, spesso ormai dispongono internamente delle garanzie di qualità e di supporto necessarie al loro esercizio in ambiti mission e business critical.
Inoltre, per Anguilletti, sono aziende contraddistinte da una forte “executive sponsorship” per quanto riguarda l’opensource, in cui il personale che è direttamente a contatto con queste tecnologie è fortemente supportato dalla direzione. In terzo luogo, sono organizzazioni che presentano una rilevante chiarezza di obiettivi, ovvero l’implementazione di tecnologie opensource è inserita in un piano strategico.
Infine, si tratta di aziende in cui sulle tecnologie opensource si pone la stessa attenzione in termini di standardizzazione e governance che si ripone su tecnologie di tipo tradizionale.
Su questo aspetto Anguilletti invita a riflettere come Gartner, pur prevedendo che entro il 2016 il 99% delle Global 2000 utilizzerà software opensource, ritiene che la chiave per il successo delle implementazioni di questo tipo possa essere rappresentata da un suo coerente processo di gestione e standardizzazione, al punto che una sua mancanza ha determinato una serie di insuccessi che, seppur limitata, deve indurre a dedicare la giusta attenzione all’argomento.
Allora, volendo delineare il ciclo di vita dell’opensource fino ad oggi come costituito da tre fasi principali intese come appunto concepimento, sperimentazione e implementazione mission critical, quale sarà la sua quarta fase?
«Credo che non serva una grande fantasia per prevedere che questa sarà rappresentata dal suo utilizzo massiccio in ambito cloud per la realizzazione di Infrastructure e Platform as a Service e, per quanto riguarda Red Hat, questo processo non potrà che ricalcare quello che ha determinato il successo di questo modello di sviluppo in settori più tradizionali», dice il manager.
Cioè si tratta di rendere tecnologie che per la “forza della collaborazione” (vedi l’enorme numero di sviluppatori che quotidianamente concorre alla loro definizione, sviluppo ed ottimizzazione) sono utilizzabili secondo metodologie più efficienti e flessibili dal punto di vista del cliente, ma che assicurano lo stesso grado di affidabilità se erogate da architetture decisamente più complesse.
In poche parole, continuare a corredare un modello di sviluppo dallo straordinario potenziale con quelle attività di ingegnerizzazione, controllo qualità, certificazione, manutenzione e consulenza che lo possano rendere fruibile con confidenza e affidabilità in ambiti sempre più articolati.