Kroes: l’attaccamento al ventesimo secolo frena l’Europa Digitale

Facendo il punto sullo stato di avanzamento dell’Agenda Digitale Europea, la vice presidente della Commissione evidenzia i punti di criticità: ecommerce e skill sotto il riflettore.

È un vero e proprio punto della situazione, quello presentato in queste ore da Neelie Kroes, vice presidente della Commissione Europea in relazione all’Agenda Digitale 2012.
Uno “scoreboard” attraverso il quale si prendono le misure dei progressi fatti sia a livello globale, sia a livello dei singoli Stati in membri in relazione ai 78 punti che compongono l’Agenda della Commissione e delle 23 azioni richieste agli Stati membri: complessivamente oggi 34 delle azioni previste sono completate, 52 sono in corso nei tempi previsti, 15 in ritardo o a rischio ritardo.

Nella sua analisi, Kroes è partita da una constatazione che è dato di fatto: i cittadini europei esprimono una forte richiesta di tecnologie digitali e ambiscono a una maggiore libertà di scelta. Ma in questo momento tanto i Governi, tanto l’industria sembrano non riuscire a tenere il passo con questa domanda e l’attaccamento a modelli di business e a una mentalità troppo ancorati al ventesimo secolo finiscono per rappresentare un ostacolo per lo sviluppo dell’intera Regione.

La disamina risulta nettamente divisa in due parti: in primo luogo gli elementi positivi, seguiti invece dagli elementi di preoccupazione che richiedono ulteriori interventi.

Positivo, secondo Kroes è il fatto che la banda larga ha ormai carattere di ubiquità, dal momento che il 95% dei cittadini europei ha accesso a connessioni fisse a banda larga.
Parimenti è positiva la crescita del fronte mobile: per l’accesso a Internet in mobilità si parla di una crescita del 62%, equivalente a un totale di 217 milioni di sottoscrizioni ai servizi.
Il digital divide si sta riducendo: prova ne è che solo lo scorso anno 15 milioni di europei si sono connessi a Internet per la prima volta e oggi il 68% dei cittadini utilizza regolarmente la rete. Questi dati sicuramente positivi non devono però far dimenticare il fatto che un europeo su quattro ancora non si è mai connesso.
L’avvio di riforme strutturali che portino a una maggiore digitalizzazione dei servizi pubblici è confermato in Paesi come Grecia, Portogallo e Irlanda, a dimostrazione che soprattutto nelle economie in difficoltà il percorso verso l’eGovernment è parte integrante dei percorsi di ristrutturazione.

Qui finiscono, spiace dirlo, le buone notizie, sostituite dalle dolenti note.
In primis, ad esempio, il fatto che metà della forza lavoro europea non dispone di sufficienti skill che aiutino nella ricerca di un nuovo impiego.
In questo momento, solo il 43 per cento dei cittadini europei ha competenze Ict tali da consentire loro ad esempio di utilizzare Internet per una chiamata telefonica o per la creazione di una pagina Web. Più della metà, invece, non ha skill adeguati alle esigenze dell’attuale mercato del lavoro e addirittura il 25% dei lavoratori non ha alcuna competenza Ict.
Questa scarsità di competenze pesa gravemente sulla richiesta di lavoratori qualificati nel settore Ict, che entro il 2015 potrebbe salire a 700.000 unità.

Il secondo punto di preoccupazione, già espresso in altre occasioni anche nel nostro Paese, riguarda lo shopping online.
Non si tratta semplicemente del peso specifico dell’ecommerce rispetto al commercio tradizionale, ma soprattutto del fatto che le attività online ancora mantengono un carattere fortemente nazionalistico: solo un utente su dieci acquista su siti di altri Stati membri, a causa sia delle barriere linguistiche, sia di quelle normative.
A questo si aggiunge anche il fatto che l’utilizzo del commercio elettronico da parte delle piccole e medie imprese sia per acquistare sia per vendere beni è arrivato a un punto di vero e proprio stallo, con conseguenze negative per l’export e per le potenzialità di espansione del loro business.

La crisi economica – ed è questo un ulteriore elemento di preoccupazione – ha ridotto sensibilmente gli investimenti in ricerca e sviluppo, ponendo l’Europa in una posizione di pesante svantaggio rispetto agli Stati Uniti.

L’ultimo punto riguarda le società telefoniche: nonostante alcune azioni siano state intraprese, le tariffe di roaming sono tuttora troppo elevate e questo non facilita i lavoratori che si muovono nei territori dell’Unione.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome