In apertura dell’Iss (Intel Solution SUmmit) la società presenta un’analisi del mercato e identifica le opportunità di crescita in un mondo che non è fatto di soli pc.
C’è una strana coincidenza temporale che vede Intel aprire per quindicesima volta il suo Solution Summit, quest’anno a Dublino, esattamente lo stesso giorno in cui Gartner e Idc annunciano la più pesante débâcle degli ultimi 20 anni per il mercato pc.
Strana, ma tutto sommato fortunata, visto che dà modo a Intel di rispondere concretamente, in pieno quiet period che precede la pubblicazione della trimestrale, a una serie di interrogativi sulla sua capacità di reagire a un mercato in evoluzione velocissima.
La chiave scelta è quella dell’opportunità, perché se è vero che il mercato sta cambiando, non è detto che sia per forza in senso negativo.
Dipende da quali numeri si guardano.
Perché, come ricorda Paul Thomas, Chief Economist in Intel, “se è vero che diminuisce il risparmio e che i dati di scenario sono negativi, è anche vero che c’è una forte domanda di smartphone. E legata alla domanda di nuovi dispositivi, inevitabilmente c’è anche una più forte domanda di Ict, legata sia ai prodotti sia ai servizi”.
Il mondo cui guarda oggi Intel è un mondo fatto di miliardi di dispositivi.
Già, miliardi.
1,6 miliardi di smartphone entro il 2016, 410 milioni di tablet, 455 milioni di server e tablet e altri 799 milioni di dispositivi con capacità computazionali a bordo: una partita che Intel non sembra proprio intenzionata a lasciar giocare ad altri.
Così, mentre in questi stessi giorni all’Idf di Pechino si parla dei nuovi Atom, del progetto Moonshot, dei nuovi Merrifield e dei Bay Trail (che dalla seconda metà dell’anno saranno al cuore anche di nuovi tablet Android), di Haswell (l’architettura x86 di undicesima generazione) e della microarchitettura Broadwell, a Dublino tocca a Sam Bellamy, EMEA channel marketing manager, sottolineare che Intel è capace di cambiare.
“Sette anni fa organizzammo un altro Iss qui a Dublino: allora eravamo un’azienda molto diversa. Diversi i prodotti, diverse le tecnologie, diversi i clienti”.
Ma quali sono le leve sulle quali spinge Intel?
La parola magica è “touch”.
Se lo scorso anno il touch era implementato sul 5 per cento delle macchine, oggi si supera il 20 per cento.
L’opportunità da cogliere è quella di fare refresh su decine e decine di milioni di macchine obsolete, acquistate 4, 5 e anche 6 anni fa.
Nella sola area Emea sono oltre 51 milioni.
C’è l’opportunità di lavorare sul fronte Ultrabook, ora entrati in una fase più “maintream, ma c’è, soprattutto, l’opportunità di lavorare all’evoluzione degli Ultrabook, con macchine Covenrtible e Detachable, che segnano il punto di convergenza tra creazione ed esplorazione.
E poi arriva la terza generazione di processori low poer, indirizzati a dispositvi con schermi più piccoli e dunque anche al mondo degli smarthphone.
La collaborazione con Motorola, annunciata lo scorso anno, è solo l’inizio. È arrivato anche il Fonepad di Asus (al cuore un Atom Z2420) e molto di più arriverà in futuro, tanto che Intel stessa sostiene di essere ”Il primo contributor esterno di Android”.
E se nei confronti del canale dei suoi partner, la società continua a spingere l’acceleratore sul concetto dei building block, con iniziative volte a incoraggiare l’ingresso dei sempre nuovi player nell’area della portabilità, verso gli utenti finali l’obiettivo è l’esperienza.
Il touch, certo, ma anche quello che viene definito “Perceptive Computing”, che aggiungendo sensi alla macchina, con riconoscimento vocale, gestuale, visuale, assicura livelli di interazione del tutto nuovi.
Sarà sufficiente a scaldare, finalmente, il mercato?