E’ estremamente difficile che i fondi europei vengano stornati in maniera chiara e sufficiente agli obiettivi del digitale italiano. Ma possono far da garanzia per arrivare al 2016.
E’ opinione diffusa, principalmente tra politici e personalità, che dieci miliardi di euro arriveranno dall’Europa per l’Agenda digitale italiana.
E in effetti la Ce dovrebbe dare all’Italia 32 miliardi di € per il periodo 2014-2020; altrettanti dovrebbero arrivare a vario titolo dal Governo italiano, quale possa essere.
Il totale, insomma, vale 64 miliardi di € in 7 anni e una bella fetta di questa cifra dovrebbe essere destinabile all’Agenda digitale e alla Rete.
Sulla scorta di queste cifre, è opinione diffusa che Caio (nella foto) e Ragosa cercherebbero di convincere il Governo ad assegnare all’Agenda parte dei fondi europei, e anche ad anticipare 10 miliardi di €: se spalmati regolarmente su 7 anni, fanno 1,4 miliardi l’anno.
Ma al momento il competente Ministero per la coesione territoriale non è convinto di destinare denaro europeo, come dice sempre il documento di sintesi. Gli spazi di manovra sembrano essere nelle ultime modifiche, teoricamente marginali, tra la versione inviata alla Commissione europea lo scorso 9 dicembre e quella finale. E se i soldi europei non potessero finire nell’Agenda?
La condizionalità di Trigilia
Nella terminologia “europea” del momento, la voce di spesa in questione si chiama Ot2, ovvero Obiettivo Tematico 2: “Migliorare l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché l’impiego e la qualità delle medesime”.
Al momento non possiamo destinare fondi europei all’Ot2 perché non c’è ancora “un documento strategico nazionale coerente con quanto richiesto dalla condizionalità ex ante di riferimento”, scrive l’ufficio stampa del ministro Trigilia, rimandando ad altri poteri la validazione d’un piano nazionale.
Se tale piano venisse approvato nel modo opportuno e per tempo, allora i fondi europei – che sono certi – potrebbero essere assegnati ad un organismo centrale.
Molti commentatori hanno rilevato questa situazione e il Ministero per la Coesione territoriale ha a sua volta commentato le voci che girano in una nota: “Nei giorni scorsi alcune notizie comparse sulla stampa hanno lamentato la presunta mancanza di impegno delle risorse afferenti al nuovo ciclo di Fondi strutturali europei 2014 – 2020 sull’obiettivo della digitalizzazione”, recita il testo. “Tale interpretazione non è fondata ed è in contrasto con le previsioni di impiego dei Fondi Ue e del Fondo Sviluppo e Coesione nel nuovo ciclo”.
La nota parla anche di soldi: “Il Fondo europeo di sviluppo regionale alloca all’obiettivo 2 la somma di 1,8 miliardi di euro, di cui 630 milioni allocati per il raggiungimento del risultato atteso riguardante la connettività in banda larga e ultra larga”.
Parliamo sempre di un periodo di 7 anni, per cui le somme in ballo, divise regolarmente, porterebbero a 260 e 90 milioni annui, ben meno di quanto ipotizzato dai sostenitori dell’Agenda.
Il ministero precisa anche che esistono fondi nazionali ancora più cospicui: i 54 miliardi previsti dalla legge di stabilità 2014 (sempre 2014-2020), una parte dei quali potrebbero essere usati per l’agenda. Questi però sono denari nazionali, quelli finora sempre promessi e mai erogati.
I risparmi dell’Agenda
Si potrebbe pensare di destinare all’Agenda i denari tramite essa risparmiati. La fatturazione elettronica verso la Pa, secondo Caio, farebbe risparmiare di 1 miliardo di € all’anno. Ma nel 2014 si dovrebbero raggiungere 300 M€. Un miliardo di €/anno fa poco più di 80 milioni/mese e la fase 1, sarà attiva dal 6 giugno: ipotizzando di andare a regime per settembre, nel 2014 i mesi validi sarebbero 4, per un totale di 320 M€.
La fase 2, attiva dal giugno 2015, dovrebbe comprendere anche la Pa locale, aumentando il risparmio. A questi numeri dovrebbero aggiungersi risparmi secondari dagli interessi non pagati se lo Stato paga per tempo. Insomma solo dal 2015 si dovrebbero risparmiare direttamente cifre superiori al miliardo di euro. Altri vantaggi verrebbero indirettamente dalla governance e quindi dalla pianificazione.
Altri rivoli di finanziamento
E’ possibile immaginare altri denari da situazioni dirette o indirette, come il cloud interoperabile delle Pa (2014 – 2015) e l’Expo 2015.
A ben guardare, dunque, i soldi per l’Agenda digitale italiana ci sarebbero pure. Noi siamo abituati a vedere un unico finanziamento complessivo, mentre stavolta quello che è disponibile è un collage di piccole risorse nel biennio 2014-2015. Se in questo periodo le cose funzionassero, i risparmi dal 2016 sarebbero sufficienti ad innescare l’auspicato processo virtuoso.
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