Difficoltà nel conoscere l’offerta del mercato, budget di spesa ridotti e costi elevati dei softwari. Sono questi i principali ostacoli all’adozione del’It che ha evidenziato una ricerca della School of Management del Politecnico di Milano.
La diffusione delle nuove tecnologie tra avvocati, commercialisti e
consulenti del lavoro è ancora limitata. A parte firma digitale, banche dati e home
banking, soluzioni come Crm, portali e siti web, firma grafometrica e workflow
management appaiono una rarità negli studi professionali. E i budget di spesa
per l’Ict sono ridotti. È quanto emerge dalla ricerca dell’Osservatorio Ict
& Professionisti della School of Management del Politecnico di Milano,
presentata al convegno ‘Se parliamo di professionisti, in realtà parliamo di
imprese!’.
Quasi metà degli studi è disposto a spendere per la tecnologia nel prossimo
biennio al massimo 3 mila euro, privilegiando per la parte hardware Pc più
potenti e per i software conservazione sostitutiva, dispositivi per i pagamenti
elettronici e firma grafometrica. I principali ostacoli sono legati all’alfabetizzazione informatica dei
titolari degli studi, ai costi elevati dei software e alla difficoltà nel
conoscere l’offerta del mercato.
Le
tecnologie più diffuse, già presenti nella maggioranza degli studi italiani,
sono la firma digitale (nel 78% dei casi) e l’home banking (76%), seguite dai
software di gestione elettronica documentale (46%) e poi, in misura minore, il
sito Internet ‘vetrina’ (21%), l’e-learning (20%) e il controllo di gestione
per lo studio (19%).
Alcuni studi
professionali manifestino indifferenza per certe tecnologie (in particolare per
business intelligence, Crm, workflow, e-learning, firma grafometrica e controllo
di gestione per lo studio) e una buona parte ammette di non conoscere alcune
soluzioni (il 27% non sa cosa sia il workflow, il 23% per il Crm, il 19% per la
business intelligence).
I
professionisti si mostrano interessati alle soluzioni Ict – in
particolare cloud, firma grafometrica, App – ma i budget di spesa dedicati nel
prossimo biennio restano limitati. L’83% degli studi professionali dichiara la
disponibilità a investire in tecnologia nei prossimi due anni, ma il 27% di
questi dedicherà un budget compreso tra mille e 3 mila euro, il 21% al massimo 1.000 euro e solo il 16% tra 3 mila e 5 mila euro.
Tra le
singole professioni, analizzando i valori medi e centrali per ciascuna fascia
di investimento, emerge che gli avvocati sono disposti a investire in Ict fino
a 2 mila euro, i commercialisti fino a 6 mila euro e i consulenti del lavoro
poco più di 8 mila euro. Gli studi multidisciplinari, evidentemente per la maggior
dimensione e trasversalità professionale, ipotizzano oltre 12 mila euro di
investimento. La resistenza maggiore a stimolare l’investimento in Ict è dovuta
prevalentemente alle priorità diverse. Per quanto riguarda la destinazione
degli investimenti, il 46% darà la priorità a Pc più potenti, a
server (19%), stampanti (18%) e scanner (15% ). Il 33%, invece,
non investirà in hardware.
Inoltre,
l’attività svolta da avvocati, commercialisti e consulenti del lavoro produce
una grande mole di documenti cartacei che saturano gli archivi e impiegano
tempo per la custodia, ma la dematerializzazione dei documenti e
gli strumenti che possono aiutare a rendere più efficienti alcune attività non
sono ancora diffusi.
Il 42% dei
commercialisti, il 58% degli avvocati e il 35% dei consulenti del lavoro
affronta la situazione con la scansione dei documenti cartacei, creando archivi
elettronici, ma mantenendo ancora la carta o ricorrendo a fornitori esterni.
Solo il 26% dei commercialisti, il 17% degli avvocati e il 33% dei consulenti
del lavoro pensa invece di ricorrere alla conservazione a norma dei documenti
già in Pdf o trasformati in formato Pdf con la scansione dei documenti cartacei.
Anche per i fax, il 62% dei commercialisti, l’80% degli avvocati e il 51% dei
consulenti del lavoro ricorre alla fotocopia e all’archiviazione cartacea,
mentre una minima parte prevede la scansione e l’archiviazione in cartelle
elettroniche o l’archiviazione diretta nei server in digitale.