Le valenze di Gerstner alla guida del gigante dell’It mondiale

Arrivato in Ibm nel 1993, quando la società era in piena crisi, il Ceo ha saputo riorganizzare sia la struttura che l’offerta, mantenendo, però, compatta l’azienda. Vincente la decisione di fare dei servizi un business a se stante, che oggi rappresenta un’enorme fonte di guadagno.

Quando nel 1929 a Wall Street degli investitori rovinati dalla forte crisi della Borsa si buttavano giù dai grattacieli, Ibm elargiva un 5% di utili ai propri azionisti, dimostrando già allora una resistenza a prova di crisi. Dopo 62 anni, il colosso dell’informatica (con un fatturato di 88 miliardi di dollari) è in ottima forma.


Il Nasdaq perde la faccia? L’azione Ibm tiene lo shock. I diretti rivali annunciano fusioni per rafforzarsi o licenziamenti? Ibm mantiene i suoi dipendenti e annuncia utili per 8 miliardi di dollari.


La R&D non è mai stata così attiva: 3.000 brevetti depositati nel 2000 da 2.900 ricercatori. Prima società di servizi del mondo, secondo produttore di software, grande specialista di semiconduttori, Big Blue colleziona riconoscimenti in tutti i settori dell’high tech. Come mai? Gli osservatori spesso, come prima riflessione, hanno attribuito la performance attuale alla guida del leader. Louis Gerstner è arrivato in Ibm nel 1993 quando la società era in crisi, visto che aveva accumulato tra il ‘91 e il ‘94 una perdita di 16 miliardi di dollari. Gerstner, finanziere puro e duro, in precedenza Ceo di American Express e di Nabisco, ha seguito, innanzitutto, la strada di contenere i costi e di non perdersi in piani strategici fumosi. In secondo luogo ha conservato una struttura d’azienda centralizzata attorno a tre grandi attività (hardware, software e servizi), senza creare delle società indipendenti, considerate più dinamiche. Ha ridotto il numero dei dipendenti, i viaggi, come pure ha diminuito lo spazio lavorativo di ogni singolo dipendente.


Ma al di là di questa compressione dei costi, Ibm ha, soprattutto, realizzato delle drastiche economie applicando al suo interno le tecnologie di e-business che va vendendo e che ne fanno la più grande dotcom del mondo.


Determinante è stata la scelta di Gerstner di non dividere Ibm in filiali indipendenti. Il Ceo ha, infatti, preferito mantenere una sola azienda centralizzata e fare quello che gli esperti chiamano delle economie di campo. La spiegazione è che più il campo di attività di una società è esteso rispetto a quello dei concorrenti, più aumenta il suo vantaggio competitivo, soprattutto in periodi difficili. A condizione, naturalmente, che queste attività siano complementari, come è il caso di Ibm.


Quindi economie di scala, nella gestione, ed economia di campo nel business, sono i due pilastri che fanno la forza di Ibm. Per la prima volta nella sua storia nel secondo trimestre del 2001 Ibm ha realizzato più soldi con i servizi che non con l’hardware. La sua divisione Ibm Global Services è una miniera d’oro, alimentata soprattutto dalla crescente attitudine delle aziende verso l’outsourcing. Riguardo all’approccio verso il mercato, Ibm è sempre stata molto attenta alla solvibilità dei suoi clienti, per cui è andata molto cauta nei servizi verso le dotcom, che a suo tempo Gerstner aveva paragonato a delle "lucciole che si vedono sorgere prima dell’arrivo del temporale".


Il Ceo di Ibm, quando teminerà il suo mandato previsto il primo marzo del 2002, lascerà un campo di attività ben equilibrato. Il sucessore designato, Sam Palmisano, in Ibm dal 1973, saprà conservare la coerenza acquisita a caro prezzo e difesa da Gerstner ed evitare la balcanizzazione delle molteplici attività? Dovrà, inoltre, decidere sul futuro dell’attività legata ai pc, un business difficile, spesso in perdita e che gli analisti spingono ad abbandonare. Ma la più grande sfida del successore di Gerstner sarà quella di trovare nuovi campi di crescita. Per ingrandirsi ulteriormente, la società dovrà riuscire in attività che al suo interno ha chiamato "horizon 3". A fianco di attività definite horizon 1 (come per esempio l’outsourcing, i grandi sistemi) e quelle che rientrano in horizon 2 (relative a un’estensione dei business esistenti, come l’hosting dei siti Web, che va a completare l’offerta di outsourcing) ci sono le attività legate a horizon 3. Ma quali sono? Per esempio, Linux. Dal 1999 Big Blue è la prima società a sostenere l’Os free, tanto che quest’anno ha investito un miliardo di dollari per rendere tutti i suoi software compatibili con Linux, affidando il gravoso incarico a 1.500 suoi sviluppatori. Altri 300 milioni di dollari saranno spesi nei tre anni sucessivi per sviluppare le attività di consulenza alle imprese in ques’ambito. L’obiettivo è quello di convincere le grandi aziende ad adottare Linux. Un altro esempio di horizon 3 è il pervasive computing. Questa attività raggruppa il concetto di processore, di memoria e di circuiti logici, che rappresentano il cervello e il cuore dei sistemi Ibm e qualche volta anche di quelli dei concorrenti. I processori e i circuiti elettronici che sviluppa sono chiamati a prendere posto in ogni tipo di terminale: i pc, naturalmente, ma anche le televisioni digitali, i prodotti mobile (Ibm collabora con Mitsubishi per sviluppare l’intelligenza dei telefoni Umts), le strutture delle reti e ben pesto anche le console dei giochi. Ibm ha, infatti, siglato un accordo con Sony e Nintendo per dotare una delle future PlayStation e la Game Cube.

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