Da sistema di sicurezza a rilevatore di sentimenti. Una scienza che evolve

Dal riconoscimento dell’impronta digitale all’identificazione della retina, per giungere fino alla percezione dello stato d’animo. Grazie all’informatica, la biometria esce dalla sfera letteraria e diventa realtà, pur scontrandosi con barriere di carattere psicologico e giuridico.

Conosciuta sin dall’antichità, la biometria, o calcolo dei parametri fisici propri di un individuo, solo ora fa il suo ingresso nella vita quotidiana. Relegata fino a poco tempo fa ai libri di fantascienza o ai laboratori di polizia scientifica, si è, oggi, gradualmente integrata nel mondo dell’impresa. Secondo l’International Biometric Group, nel 1999 questa scienza ha generato 58,4 milioni di dollari di revenue e dovrebbe raggiungere i 594 milioni entro il 2003. A fare la parte del leone, con il 34% di quota di mercato, è l’identificazione tramite lettura dell’impronta digitale, anche se le innovazioni tecnologiche si fanno sempre più numerose, tra queste l’impronta termografa o il disegno delle vene e del padiglione auricolare. Legata in prevalenza a esigenze di sicurezza, la biometria amplia continuamente il proprio campo d’applicazione. In laboratorio, i computer sono addirittura in grado di auto-adeguare il funzionamento alle emozioni dell’utilizzatore. Così, al di là dei semplici controlli d’accesso e di autenticazione dell’utente, è possibile adattare l’ambiente alle necessità di ciascun individuo. Un esempio può essere fornito dalla vettura progettata da Siemens Automotive, che modella l’abitacolo in base alla morfologia del conduttore, misurandone anche la capacità di attenzione.


L’adozione di queste tecnologie è, tuttavia, limitata da alcuni ostacoli. Collegandosi alle caratteristiche fisiche delle persone, la biometria ne tocca anche gli aspetti più intimi, risvegliando così numerose paure. Da molti è dipinta come la bestia maledetta predetta dall’Apocalisse che si annida nei database antropomorfi. A onor del vero occorre dire che il passato, talvolta, non gioca a favore. Al debutto nel XIX secolo, il riconoscimento dei tratti somatici mirava a individuare i criminali prima che questi soggetti potessero passare all’azione. Più di recente, ai tempi dell’apartheid, le banche sudafricane hanno utilizzato, nei distributori di banconote, il riconoscimento dell’iride per i propri clienti di colore, ritenuti incapaci di ricordare un codice Pin. Senza arrivare a questi estremi, anche altri sistemi di identificazione hanno sollevato problemi legali. E quando gli ostacoli aumentano, la tecnologia può arrivare a conoscere qualche fallimento, come avviene nel caso in cui il computer non riconosce la voce del suo proprietario e continua a chiedere una password per partire. Nonostante alcuni insuccessi possano sviarne il percorso, la biometria continua a progredire e si stanno testando nuovi sistemi di riconoscimento.

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