L’ultima versione del sistema operativo di Sun cerca di coniugare prestazioni e integrazione di applicazioni. Spiccano soprattutto il salto in performance rispetto alla precedente release 8 e le trecento nuove funzioni introdotte. Sempre assente il supporto alle piattaforme Intel.
Nel presentare ufficialmente la nuova versione 9 di Solaris, Sun ha posto l’accento soprattutto sui benefici di tutto il software integrato che accompagna il sistema operativo e le trecento nuove funzioni che ne fanno un vero e proprio ambiente software, completo di tool e middleware. Agli utenti, tuttavia, è possibile che interessi di più, almeno in una prima fase, il guadagno in prestazioni rispetto alla precedente release 8 (vecchia di due anni) o il miglioramento nella gestione delle risorse. I più delusi saranno coloro che oggi usano Solaris 8 su piattaforma Ia-32, poiché il nuovo upgrade non supporta alcuna tecnologia Intel, né a 32 né a 64 bit.
Secondo i tecnici di Sun, i benchmark, effettuati su macchine UltraSparc II e III, con “significativi carichi di lavoro”, mostrano un incremento prestazionale del 34% nel Web serving rispetto alla versione 8. Con i database, il miglioramento sale all’87%. Va però detto che il termine di riferimento è la prima versione di Solaris 8, mentre già per chi usa l’Os con le varie patch introdotte nel frattempo il salto appare meno vistoso. I miglioramenti prestazionali sono da imputarsi, secondo il costruttore, soprattutto ai cambiamenti nelle librerie di threading, nei file system e nel microcodice di memoria. E questo dovrebbe valere per tutte le macchine Sparc uscite negli ultimi sette anni. Ulteriori migliorie nella memoria sono dedicate ai server SunFire. Poiché Solaris 9 include anche la piattaforma HotSpot J2Se 1.4, ne trarranno beneficio pure le applicazioni Java.
Più in generale, Solaris 9 esce con due importanti aggiunte, ovvero l’application server Java-based e un directory server per gestire le identità degli utenti. Questi elementi rendono l’Os, nell’ottica di Sun, un ambiente operativo, che dovrebbe rendere più semplice ed economico lo sviluppo, l’implementazione e la gestione delle applicazioni in rete. Questa definizione dovrebbe anche consentire al costruttore di posizionare meglio il proprio Os rispetto ai concorrenti come Windows e Linux, già avviati lungo la stessa direzione. Particolare attenzione è stata posta anche agli aspetti legati alla sicurezza, con l’integrazione di una protezione di buffer overflow resistente agli hacker e un firewall più potente.
Sun fa debuttare, inoltre, una tecnologia di partizione pseudo-virtuale, che dovrebbe consentire alle aziende di meglio allocare e redistribuire risorse con server SunFire o StarFire. Tutti i sistemi operativi Unix posseggono un workload manager (o gestore di rirorse), che dovrebbe evitare a diverse applicazioni di collidere sulle risorse in una partizione o dominio. Invece, la granularità delle macchine SunFire o StarFire sta nella scheda di sistema a quattro vie e non in un singolo processore o una frazione.
L’obiettivo di Sun pare quello di voler offrire il più alto livello di integrazione fra hardware e software oggi disponibile nel mondo Unix. Peraltro, l’azienda dovrà continuare a far leva su partnership come quelle con Oracle e Ibm per le funzioni di data management. Inoltre, alcuni pezzi-chiave, come il pieno supporto degli standard per servizi Web, sono mancanti. In particolare, troviamo il supporto di Xml e Soap, ma non di Uddi e Wsdl.