A Ferrara è iniziato il meeting che prevede una serie di incontri fra vendor e terze parti
Canale termine desueto. Maurizio Cuzari, amministratore delegato di Sirmi apre i lavori del primo Ict Trade con questa convinzione: che gli operatori di canale detestino essere definiti tali e in alternativa propone di denominarli attori del sistema d’offerta.
Non è dato sapere quanti utilizzeranno d’ora in poi questa nuova etichetta, ma il ragionamento di Cuzari non pare una “boutade”. Alla base la convinzione di quanto sia necessario, ora, effettuare un cambiamento (magari non solo proprio appellativo). E soprattutto che questo cambiamento vada nella direzione dell’evoluzione. “Chi ha una certa età e ha già vissuto altri periodi di crisi come questo – osserva Cuzari – si sarà accorto come non siamo in uno dei momenti peggiori di questa nostra storia dell’Ict”. Cuzari non se la sente di dare previsioni di crescita, ma è comunque tranquillo sul fatto che il comparto di cui ci occupiamo crescerà almeno tre-quattro volte rispetto al Pil italiano. “Non siamo in una fase di non crescita di mercato, ma di rallentamento.
Al momento di freno bisogna ripartire con slancio”.
È sempre un po’ il discorso del bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Cuzari vuol essere ottimista: “questo è un mercato importante che non premia però più le fantasie”. “Certo – continua – siamo in piena era digitale e questo vuol dire che molti dei nostri clienti sono ancora persi nel vuoto, mentre a noi è richiesta la massima specializzazione e capacità di integrazione”. Con una metafora legata all’indigestione, l’analista liquida la faccenda: “il
malessere di oggi è una sorta di indigestione collettiva.
Bisogna ora essere più incisivi. Bisogna prendere atto che ci devono essere idee chiare su cui si vuole investire.
Ma anche allearsi: su questo mercato non possiamo più stare da soli”.
Qualche idea gli operatori o attori che dir si voglia dovrebbero riuscire a estrapolarla da questo convegno. Le premesse ci sono tutte: cinquecento operatori di canale si sono iscritti per incontare una cinquantina di vendor. Nel frattempo Cuzari promette di riorganizzare per l’anno prossimo la seconda Ict Trade kermesse “magari con un mese di anticipo – riflette – in modo da poter trarre i frutti di questo incontro nel primo semestre dell’anno”. La necessità di un momento di riflessione da parte del settore Ict è stata sottolineata anche da Patrizio Bianchi, preside della facoltà di economia dell’università di Ferrara.
Dopo avere ricordato che la crisi è un elemento strutturale del ciclo economico “dove ci si riposiziona, perché durante la ripresa si corre e non si è lucidi”, Bianchi ha invitato le aziende dell’Ict a non piangersi addosso perché l’hi tech, con una crescita prevista del 7-8% non è in crisi. “In Italia ci sono settori industriali che stanno perdendo il 10%”. Sull’Ict, però, pesano grandi responsabilità. Secondo il preside della facoltà di Economia le aziende del settore sono le sole capaci di generare risposte per i loro clienti. Devono però studiare i bisogni e i settori dei clienti per indirizzarli al meglio nel difficile percorso dell’innovazione tecnologica. In questo bisogno di “evangelizzazione” rientra anche la scuola che sembra avere grandi programmi per l’hi tech. Dopo avere ricordato alcune cifre “pesanti” del nostro sistema scolastico, Alessandro Musumeci consigliere del ministro per l’istruzione Moratti ha illustrato le linee guida del ministero che oltre a rivedere interamente il sistema informativo scolastico punta all’alfabetizzazione dei docenti e all’utilizzo di nuove tecnologie per ridurre tempi e costi del cablaggio. Musumeci non ha fatto mistero di volere ricorrere ampiamente all’open source che permette di spiegare meglio ai ragazzi cosa sia un sistema operativo, non soffre del pericolo dei virus, è più economico e permette anche di riutilizzare dell’hardware un po’ in avanti con gli anni. Antonio Emmanueli, presidente di Smau, ha però sottolineato come potrebbe essere utile un sostegno da parte del governo per un settore che, pur non in crisi, contribuisce per il 27% al prodotto interno lordo e che è trasversale a molti settori visto la sua funzione di motore per lo sviluppo economico.