Per Sun il Linux di Red Hat è proprietario. A Raleigh ribattono: “ma dove?” L’oggetto del contendere, però, è Java-open.
29 aprile 2004
Si raccolgono i segnali di una vivace polemica in atto negli Stati Uniti, riguardante Java e Linux, Sun e Red Hat.
Lo si evince dalla stampa americana, che riporta dichiarazioni e relative risposte ascrivibili ai reggitori delle odierne tecnologie di punta.
Si comincia con l’ultima esternazione di Jonathan Schwartz, fresco Coo di Sun che, forse sotto l’effetto del recente accordo transattivo con Microsoft (come commentano i maliziosi) ha preso cappello contro Red Hat, definendone la versione del kernel Linux come qualcosa contestualizzabile alla voce “proprietario” in un ambito di classificazione tecnologica.
La dichiarazione va inserita in un contesto più ampio di analisi relativo al tema dell’apertura del codice Java.
Contrario Schwartz, appunto per evitare che si possa generare biforcazioni nella tecnologia, cioè incoraggerebbe la proliferazione di oggetti simili, ma non del tutto uguali, e quindi non comunicativi fra loro, come accadde, in passato, per Unix. Ciò metterebbe a rischio, oltretutto, quanto di buono fatto sinora in materia di sviluppo convergente.
Discosto da questa interpretazione Linus Torvalds, che ha invece riconosciuto ai tecnici di Red Hat un apporto attivo e scevro da sentimenti di divagazione nello sviluppo del kernel Linux “uguale per tutti”.
Contraria, ovviamente, anche Red Hat, che ha fatto rimarcare come proprio l’acclarato impegno della società di Raleigh sul fronte open source rifletta l’assoluta non-proprietarietà delle soluzioni Linux. E anche se i codici binari della distribuzione non sono stati messi a disposizione liberamente, il sorgente, invece lo è sempre stato, in piena aderenza ai termini della licenza Gpl.
Per ora finisce qua.
Ma la sensazione è che del tema “proprietarietà” se ne tornerà a parlare sempre di più in futuro.