Hp riscopre l’Udc

Nuova proposizione dell’Utility Data Center, alleggerita e più centrata sul software.

Più o meno un mese fa, Hp dichiarò di voler mutare il proprio approccio all’Utility Data Center, il proprio complesso di strategie e tattiche relative all’implementazione di un nuovo concetto di centro dati, fortemente ispirato ai nuovi dettami della gestione dell’informazione aziendale.


Molti avevano scambiato questo processo come una dismissione delle iniziative.


E, in realtà, il fatto che Palo Alto spostasse le persone all’interno della propria organizzazione, suffragava l’interpretazione.


Il fatto sostanziale è che Hp sta modificando l’approccio all’Udc, spostando l’asse della strategia da un perno hardware a uno software, con ciò allineandosi a quello che stanno facendo realtà come Ibm, Sun o Veritas.


La nuova idea di Udc che si fa largo in Hp, a costituirne la terza o quarta generazione (come affermato dai responsabili statunitensi dell’utility computing di Palo Alto) prevede un sistema blade come centro, un ambiente server virtuale per la gestione delle risorse applicative e di memoria, software di change management e di configurazione, più tanti servizi.


Molto differente, quindi, dalla precedente versione dell’Udc che era patentemente centrata sull’aspetto hardware, con rack di serber, software per la gestione delle capacità e array di storage.


Il cambio di direzione, come tutti quelli che contano, è stato guidato dagli utenti, che, in partenza, hanno mostrato di voler disporre di sistemi più leggeri.


In tal modo, a puro titolo di esempio, con la nuova proposta Udc un utente può partire da un semplice rack blade, comprensivo di console per il controllo della virtualizzazione, applicativa e di storage, e fruirne su una base di tariffazione a consumo.

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