Il business etico di Sony

Rendicontazione trasparente dell’attività della filiale italiana nel rispetto della sostenibilità economica, sociale e ambientale. Questo è il bilancio sociale dell’azienda

Novembre 2004, «Caspita, ma allora anch’io sono uno stakeholder». Antonio
Gallo
, agente commerciale di Sony, partecipa alla conferenza stampa
nel corso della quale la filiale italiana annuncia di aver prodotto il suo primo
bilancio sociale, battendo in anticipo tutte le altre filiali. E pure la casa
madre.
E Gallo scopre che l’azienda, per cui lavora da anni, ha deciso di intraprendere
una strategia di business etico.
Ovvero? «Ovvero fornire una rendicontazione trasparente della nostra
attività
– spiega l’amministratore delegato Massimiliano
Alesi
-, rispetto a tre dimensioni tipiche della sostenibilità
d’impresa: economica, sociale e ambientale»
.
E Gallo se ne vanta.
Anche a lui (oltre a tutti gli altri stakeholder che sono i dipendenti, i collaboratori,
i fornitori, partner di affari…) il management assicura trasparenza nell’ottica
di un programma di miglioramento generale. Anche sociale.
Per esempio, al di fuori di ciò che la legge sull’ambiente impone «noi
stiamo portando avanti il recupero di sistemi dismessi, associato allo smaltimento
selettivo dei prodotti»
.
Sul fronte gestione interna Maurizio Ghislandi, responsabile
delle comunicazioni di Sony Italia, invece, sottolinea come per «i
dipendenti si stia cercando di studiare orari differenziati»
. Nella
loro testa un orario invernale, diverso da quello estivo.
Ma, interessati come siamo alla rete di vendita, ci viene da chiedere se la
responsabilità sociale prevede nel proprio programma anche ricadute sull’indotto
commerciale. Alesi è positivo: «Stiamo investendo nella formazione
di tutta la nostra rete di vendita. Ovvero cerchiamo di rendere la formazione
fruibile a costi zero, perché questi ce li accolliamo noi»
.
Non è la prima volta che durante la presentazione di questo bilancio
sociale Alesi parla di costi.
«Intraprendere questa strada significa avere degli oneri economici
da sostenere
– spiega Alesi -, ma crediamo che questo valga l’impresa».

Costosa fu anche la decisione, circa due anni fa, di chiudere l’impianto
produttivo di Rovereto. Intanto, notiamo come Sony non faccia minimamente riferimento
ai risultati economici, se non in relazione allo scorso esercizio chiuso nel
marzo 2004 con 670 milioni di euro. A dimostrazione che in questa era sociale
non si parlerà più solo di denaro.

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