Un’It al femminile guida l’innovazione in casa Binda

Un top management illuminato ha supportato fin dall’inizio le scelte tecnologiche fatte dalla responsabile dei servizi informatici, passata in seguito a gestire il customer service, dove tra l’altro ha avviato un significativo progetto di Crm.

L’evoluzione delle tecnologie e delle pratiche organizzative ha esteso anche per le professioni It la sfera delle competenze sul fronte delle relazioni umane perché, come ci spiega Loredana Fontana, ieri It manager e oggi customer service manager di Binda Italia "molte informazioni utili all’ottimizzazione delle procedure mi capita di raccoglierle davanti alla macchina del caffè, durante una chiacchierata casuale o in un momento di pausa. In ogni azienda esiste una conoscenza implicita e spesso strategica per razionalizzare certi processi ma, purtoppo, non viene finalizzata. Questo succede non per mancanza di volontà delle persone ma perché ognuna di esse sottovaluta alcune informazioni che invece per la catena del valore aziendale possono risultare importanti". Approfondiamo il discorso, partendo dalle premesse.

Leggendo il suo curriculum si scopre che ha un diploma di perito informatico e una laurea in lingue. Come mai questa volontà di conciliare il lato tecnico con quello umanistico?


"Ho voluto compiere un percorso formativo che allargasse un po’ i miei orizzonti. Fare analisi e programmazione non m’interessava. Il mio obiettivo era di entrare prima possibile nel mondo del lavoro e ho trovato una sostituzione di maternità come sales analyst per Sector (allora Artime, ndr). Cercavano una persona che fosse svelta a usare il computer. Riguardo alla mia formazione, se n’è occupata direttamente la responsabile del progetto perché di solito, quando si parla di analisi di dati, in realtà non si va mai oltre all’utilizzo della media e della varianza. Non servono conoscenze statistiche specifiche, ma una certa flessibilità mentale per estrarre dai numeri le informazioni utili per l’azienda. Il trade marketing di Sector è stato una buona scuola, perché alle analisi di business si accompagnava la gestione del portale per i concessionari, con informazioni relative a ordini, bolle e fatture, rilevazione del sell-out tramite apparecchi Pos e totem interattivi per i consumatori all’interno dei punti vendita. Quando la project manager se n’è andata sono diventata io la responsabile del progetto anche sulla parte di analisi di business. Dopo due anni d’esperienza, ho cominciato a guardarmi intorno e quindi sono arrivata in Binda Italia che, nel ’99, stava partendo con un progetto analogo. Oltre alla solidità dell’azienda, c’era un altro aspetto che suscitava il mio interesse: l’It in Binda era completamente gestito in outsourcing ed era lo stesso Simone Binda, amministratore delegato, a occuparsi delle attività di coordinamento. L’azienda cresceva in modo esponenziale a livello dimensionale e organizzativo e il management, ben consapevole del ruolo delle tecnologie a supporto del business, oltre a investire nelle risorse infrastrutturali cercava una figura per l’It che fosse interna all’azienda".

Come It manager, quali sono state le criticità iniziali?


"Razionalizzare tutte le esigenze degli utenti. Prima erano abituati a bloccare gli analisti o i programmatori dell’outsourcer quando li vedevano passare per i corridoi e le richieste erano varie ed eventuali: dall’assistenza generica a uno sviluppo ad hoc. Un approccio "random" che generava dispersione delle risorse: applicazioni sviluppate e inutilizzate o, peggio, buttate via perché se uno andava via il suo successore aveva naturalmente altre necessità… Dopo aver fatto una lista di tutte le richieste degli utenti, abbiamo avviato l’analisi delle priorità, per stilare un elenco gerarchico, eliminando le richieste inutili, accorpando quelle sovrapponibili e via dicendo. Per omogeneizzare e ottimizzare tutti i processi, con la direzione si è stabilito un nuovo piano di sviluppo triennale per l’It. Nel 2001 è stato fatto partire un progetto di data warehouse, finalizzato a eliminare la pluralità di strumenti di reportistica eterogenei in un’ottica di sistematizzazione ed è stato avviato il progetto di migrazione dal vecchio gestionale transazionale a un nuovo Erp, Diap@son di Formula. In contemporanea ho avviato un altro progetto strettamente personale, un bimbo. Nel frattempo Binda continuava a espandersi: dai 3 server iniziali eravamo passati a una decina, i servizi aumentavano, erano stati aperti nuovi uffici e assunto nuovo personale".

Come donna ha trovato difficoltà a svolgere il suo ruolo di It manager?


"Assolutamente no, era sentita l’esigenza di una figura interna che potesse supportare tutti i colleghi, anche su aspetti banali, a partire dal mouse che non fuzionava. Al mio rientro dalla maternità, nel gennaio del 2003, ovviamente le cose erano cambiate: l’ Erp era attivo e ormai se ne occupava la persona che mi aveva sostituito. Il management, però, rispetto a un piano strategico Ict stava pensando a qualcosa in area di Crm. Sono rientrata con la qualifica di responsabile dei progetti speciali It".

Quali erano le sue nuove mansioni?


"A gennaio del 2003 ho preso in carico la gestione del modulo di sales force automation di Diap@son, che richiedeva una forte attività di personalizzazione con tutte le problematiche annesse e connesse: formazione agli agenti e piena integrazione operativa. In generale, queste piattaforme hanno così tanti moduli e così tante funzionalità che è necessario verificare e testare una miriade di variabili. All’inizio, per esempio, gli ordini stavano in coda due giorni prima di essere processati per un banale problema di connessione con l’Erp. Inoltre, mi era stata assegnata la gestione del passaggio a un nuovo magazzino; cambiando outsourcer avevamo bisogno di studiare nuove modalità d’interfaccia e integrazione. Quando, nell’autunno del 2003, ci siamo trasferiti nella nuova sede, tra le mie mansioni è rientrata anche quella di gestire la parte fonia/dati in chiave Ethernet-based. Il cambiamento è stato davvero facile: nella vecchia sede non c’era convergenza VoIp e avevamo diversi problemi a livello di barriere architettoniche invece nella nuova sede il management si era messo d’accordo a priori con gli architetti e con l’outsourcer che gestiva l’implementazione della parte networking. Pavimento galleggiante, soffitto con la pannellatura, Ced strutturato ad hoc, impianto antincendio con i gas inerti, sale riunioni Wi-Fi per lavorare senza problemi coi notebook".

A quanto racconta, il management Binda è davvero illuminato nei confronti dell’Ict. Dal punto di vista motivazionale, per lei deve essere un bello stimolo…


"Sicuramente. Senza contare che abbiamo un ufficio del personale che pianifica attentamente l’attività di formazione per ognuno di noi e questo aiuta tutti a migliorare le nostre performance. La possibilità di un confronto sempre propositivo con la dirigenza ha migliorato la qualità di tutta l’attività aziendale dal punto di vista del back end e del front end, senza contare il fatto che la positività dei risultati mi ha sempre permesso una certa libertà di manovra. Sul progetto di Crm, infatti, sono partita con una grossa attività di analisi che ha portato in circa 6 mesi all’implementazione di una soluzione di customer service. Partner sia per la fase di analisi che per l’implementazione è stata Deloitte Consulting, con la quale ho avuto la possibilità di fare "training indotto", perché ho imparato moltissime cose, da cui il mio nuovo ruolo di responsabile del servizio. A fine giugno del 2004 il customer service Binda ha aperto i battenti con 4 persone, più due interinali, che non sono telefonisti puri: due vengono dal nostro servizio clienti, una dell’area amministrativa e un’altra dal post-vendita. Inoltre il management ci aveva dato un input prioritario: i servizi dovevano essere sviluppati prima di tutto secondo una logica di customer satisfaction, e non per ottimizzare i tempi o risparmiare sui costi".

A quanto pare, preferisce l’attuale ruolo di customer service manager.


"Decisamente sì. Tecnicamente, la parte di analisi è davvero interessante: con Deloitte siamo partiti da quelle che erano le richieste base dei clienti, intervistando tutti i direttori di funzione aziendale che in qualche modo supportavano i processi di servizio al cliente, nonché tutti gli operativi che avevano contatti con i clienti, indicizzando così le modalità delle chiamate sulla rete nazionale, che comprende catene d’acquisto, singoli concessionari e punti vendita monomarca o franchising, e su quella dei distributori esteri, sudividendole per categorie e strutturandole per capire quante di queste potevano essere gestite dal back office e quante dal front office. Fatte le dovute valutazioni, abbiamo identificato 110 categorie di chiamata, dalla situazione ordini ai protocolli di reso, ed è stato interessante studiare i nuovi processi di customer service: come rispondere, che dati fornire, a chi passare la chiamata nel caso di procedure più complesse. Il contact center ha centralizzato in un’ottica multicanale il servizio clienti, privilegiando il rapporto diretto con tutti gli interlocutori. Anche per questo abbiamo portato il numero di addetti a 8 e altre risorse arriveranno in vista del picco natalizio. Il servizio, partito a luglio, registrava una media di 700 chiamate alla settimana e, a distanza di due mesi e mezzo, non considerando agosto, la media oggi è salita a mille".

Quali sono le problematiche che attualmente deve gestire?


"Mettere a regime il customer service prima di Natale, fare formazione agli operatori che devono imparare a sfruttare al meglio la struttura, creare un cruscotto di reportistica standard per le varie direzioni aziendali con l’obiettivo di rendere il più trasparente e intellegibile possibile l’andamento e le modalità delle richieste. Prima si andava a sensazione e, per questo, ho creato una nuova entità di dato in azienda: il numero delle richieste di servizio che, in tempo reale, offre il polso della situazione attraverso dati quantitativi e qualitativi che sono un nuovo strumento di conoscenza strategico per un Crm di alto livello. Tra i miei obiettivi rientra quello di fare da focal point per i database aziendali e le informazioni strutturate, in un’ottica di condivisione delle risorse. Spesso molti dei nostri uffici si trovano a gestire informazioni senza rendersi conto che potrebbero diventare strategiche se condivise. In questo modo i numeri diventano significativi: vengono formalizzati e si trasformano in una richiesta di protocollo, attraverso un processo razionalizzato a supporto delle decisioni. Le informazioni elaborate oggi dal customer service mi hanno permesso di ufficializzare un servizio di outbound dedicato al marketing e alle vendite. Sfruttando la struttura già esistente e i tempi morti, oggi posso proporre servizi di recall telefonici finalizzati su diversi progetti: testare campagne, promozioni o illustrare nuovi servizi. Per realizzare la quadratura del cerchio, mi piacerebbe in un prossimo futuro gestire anche i numeri verdi, che oggi sono in outsourcing, per avere tutto il feedback sul fronte degli end user. Oggi sto lavorando per proporre al management di gestire all’interno anche questo servizio".

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