Operatori locali possono aiutare i piccoli negozi al dettaglio
La lunga tradizione del commercio al dettaglio italiano cede il
passo all’evoluzione, adeguandosi alle nuove esigenze dei consumatori. Già
da anni i piccoli negozi all’interno delle città sono sempre più
costretti alla chiusura a causa della incomparabile concorrenza dei grandi gruppi,
con effetti che toccano, oltre all’economia locale, anche la distribuzione demografica,
causando uno spostamento degli abitanti ai margini delle città e lasciando
gli stabili a disposizione degli uffici. Non si tratta più, ormai, di
una questione di affezione alle botteghe, i prezzi che i proprietari devono
proporre per garantirsi la sopravvivenza allontanano la clientela stessa, sempre
più propensa a rifornirsi presso le grandi superfici, in grado di offrire
prodotti a prezzi concorrenziali. Ma…
I negozi tradizionali, quelli che operano in un dato settore merceologico e
sono gestiti in genere dal proprietario, con l’aiuto di familiari e di pochissimi
dipendenti, mantengono, comunque dei vantaggi, e i loro punti di forza più
apprezzati rimangono la personalizzazione del rapporto con il cliente e la prestazione
di servizi complementari.
A questi vantaggi i piccoli negozi tradizionali affiancano però numerosi
aspetti negativi, tra cui la limitatezza della clientela e delle vendite; la
lenta rotazione del magazzino; gli elevati prezzi di acquisto presso i produttori
grossisti, in conseguenza del basso potere contrattuale dovuto alle modeste
quantità di merci acquistate a ogni transazione; e l’applicazione di
elevate percentuali di ricavo.
Solo verso la fine degli anni Ottanta ha incominciato a emergere la grande distribuzione
organizzata, via via cresciuta nel corso degli anni Novanta.
Questo fenomeno viene indicato come l’avvio di quella "rivoluzione commerciale"
il cui effetto principale consiste nell’aumentare la competitività del
nostro sistema distributivo uniformandolo a quello dei Paesi più sviluppati.
Le moderne forme di grande dettaglio hanno duramente colpito il piccolo e medio
commercio tradizionale, mettendone in luce la scarsa economicità e la
lentezza nell’ammodernamento. Il piccolo o medio commercio isolato può
oggi sussistere solo in settori molto specializzati oppure nelle località
decentrate o poco progredite. Ma qualche negozio riesce, comunque, a resistere.
Per difendere la propria posizione sul mercato, molti negozi al dettaglio hanno
scelto la via dell’associazionismo o della cooperazione. Con le forme associative
si realizza la collaborazione economica fra i dettaglianti che, nel rispetto
dell’indipendenza dei singoli negozi aderenti, è rivolta a ottenere vantaggi
ed economie per migliorare l’efficienza e la redditività.
Le unioni tra grossisti e dettaglianti, per esempio, consistono nel collegamento
di vari commercianti al dettaglio (che adottano un’unica insegna) con un’impresa
grossista che può, così, acquistare forti quantitativi di merci
presso le industrie produttrici ottenendo prezzi scontati. Ma la forma delle
associazioni non è l’unica che consente di mantenere una certa indipendenza
e sopravvivenza nella giungla dei "Super" e degli "Iper".
Nel settore del dettaglio "moderno" occupano oggi un posto di grande
rilievo i "contratti di franchising". L’essenza del contratto franchising
viene individuata nella "licenza di immagine". Infatti un contraente,
che è di solito un’impresa d’importanza nazionale, concede all’altro
contraente, solitamente un operatore locale, l’uso della propria immagine commerciale,
autorizzandolo a utilizzare la sua insegna e marchio e il suo know how; inoltre
si impegna a effettuare la fornitura continuativa di merci o servizi, affiancandola
a varie forme d’assistenza.
Ma anche questa formula, pur avendo avuto una grande diffusione nel nostro Paese,
non sempre si è rivelata vincente e molte insegne che da un giorno all’altro
sono arrivate, con la stessa velocità sono scomparse.
Sono varie, quindi, le forme con cui si è tentato di mantenere la formula
del piccolo o medio negozio e, nonostante la tendenza dei consumatori a dirottare
la maggior parte della propria spesa presso le grandi superfici di vendita,
pare che questi esercizi continuino a sopravvivere, trovando, magari, spazio,
proprio all’interno dei centri commerciali che hanno come perno attrattivo l’ipermercato.
I dati forniti dall’Osservatorio nazionale del commercio, indicano che in Italia,
al 31 dicembre 2002 sono stati censiti 735.889 negozi al dettaglio, con un incremento
di 10.445 punti vendita rispetto all’anno precedente: una crescita dell’1,4%,
per merito, soprattutto, del settore non food, che ha aperto 11.052 (+2,2%)
negozi in più rispetto al 2001, mentre quello alimentare ha avuto un
calo di negozi dello 0,3%, abbassando le serrande di 607 punti vendita. In forte
crescita il comparto abbigliamento, accessori e pellicceria, che ha inaugurato
4.771 nuovi negozi nel 2002, come anche quello dei mobili, casalinghi e illuminazione
(+ 1.341 negozi). Sul fronte alimentare i più penalizzati sono stati
i commercianti di carne e prodotti a base di carne, che hanno ceduto 905 punti
vendita, come anche i fruttivendoli, in calo di 471 unità rispetto al
2001.
Un’alternanza di nuove aperture e di chiusure che, comunque, assicurano un nutrito
bacino di utenza per quegli operatori di tecnologie informatiche che intendono
proporsi loro con delle soluzioni che possano aiutarli nella gestione del loro
lavoro. Sono molte, infatti, le aziende It che hanno pensato di focalizzarsi
sul mercato dei negozi al dettaglio, un mercato molto vasto e molto differenziato
dove, chi ha le dovute competenze, può ricavare interessanti business.
In queste pagine abbiamo riportato le esperienze dirette e i consigli di alcune
società che hanno deciso di affrontare il settore del commercio al dettaglio,
un comparto che, proprio per l’alto numero di attività e per l’estrema
differenziazione, richiede il forte contributo di partner locali.