Servizi su misura per rilanciare le Tlc italiane

Offerte bundle che comprendono l’It e focus sulle Pmi: la ricetta di Yankee Group per i carrier.

Quando gli stranieri guardano all’Italia, spesso si stupiscono per le particolarità che distinguono il nostro Paese dai vicini d’Europa. Il mercato delle telecomunicazioni non fa eccezione. Lo evidenzia uno studio realizzato dalla società di analisi Yankee Group, stilato attraverso interviste ai decisori d’acquisto di servizi di Tlc di aziende di medie dimensioni, che mostra risultati che si discostano da quelli di altri paesi. Il grado di customer satisfaction verso l’operatore incumbent nostrano, Telecom Italia, risulta il più basso: la percentuale di risposte con voto 4 e 5 (buono ed eccellente) sono il 58%, a fronte del 68% di Bt, del 61% di France Telecom o del 62% di Telefonica. L’ex monopolista ne esce male anche quando si chiede chi è, secondo l’idea dell’intervistato, il leader del settore: Telecom Italia viene citata solo dal 28,7% del campione, mentre ben il 25,9% sceglie Fastweb. Un così piccolo scarto fra l’operatore dominante e un concorrente non si riscontra in nessun altro paese.


L’Italia è anche la nazione dove conta di più il prezzo nella decisione d’acquisto (76% delle risposte contro il 36% dell’Inghilterra) e quella, insieme alla Francia, dove non piace la formula del "one-stop-shop" (ovvero un solo fornitore per tutti i servizi), apprezzato solo dal 29% delle aziende. Inoltre, dal sondaggio emerge che chi influenza di più le decisioni di acquisto sono i reseller di pc e apparati di networking.


A presentare a Linea Edp questi risultati è Camille Mendler, director dell’area Telecommunications Strategies Europe di Yankee Group, che abbiamo incontrato in occasione di una sua visita in Italia e a cui abbiamo chiesto di tratteggiare il quadro attuale del mercato delle Tlc.

Quali consigli darebbe agli operatori per innalzare la customer satisfaction?


"Penso che uno dei motivi di insoddisfazione sia l’incapacità degli operatori di vendere servizi in bundle e di proporre una soluzione completa in grado di risolvere le reali esigenze. È questa la sfida di oggi. Le aziende non vogliono più comprare un servizio voce o uno dati, ma hanno bisogno di un aiuto per gestire la rete, o per la sicurezza, o per le performance delle applicazioni. È una questione di scelta dei servizi, più che di qualità. Un altro problema consiste nel fatto che tutti gli operatori si concentrano su poche aziende, quelle più grandi, che rappresentano il vertice della piramide, e non danno abbastanza attenzione a quelle medie, che invece sono la parte più consistente del mercato. Queste possono anche essere raggiunte indirettamente, attraverso i networking integrator. Le aziende italiane si fidano molto degli operatori locali, per esempio quelli che vendono loro gli apparati per la Lan, che li consigliano sulle scelte da fare per l’It e le Tlc. Credo che il mercato italiano sia ancora immaturo: non dimentichiamo che l’apertura alla concorrenza è cominciata solo nel ’92".

Dopo il periodo di boom del 2000 e la successiva crisi, si è avuta una forte concentrazione del mercato. Crede che continuerà ancora? E con quali conseguenze sui clienti?


"Assolutamente sì, e non mi stupirei se un incumbent europeo realizzasse un’acquisizione in Italia. Le conseguenze dipendono molto dal modo in cui questo consolidamento avviene: se è con una fusione, è positivo, se è un’acquisizione solo di asset di rete, con l’allontanamento delle persone, non è una buona notizia. Purtroppo agli operatori italiani manca l’esperienza necessaria, e potrebbe essere ancora doloroso. Ho fiducia, invece, nell’operato di Bt, che ha esteso il suo controllo su Albacom: anche in Francia e Germania ha dimostrato di saper creare relazioni di fiducia con i clienti, per i quali l’acquisizione potrebbe essere un vantaggio. Le aziende, in generale, non vogliono cambiare operatore spesso, ma preferiscono legarsi a qualcuno e non dover continuamente rinegoziare contratti".

Negli anni passati gli operatori effettuarono enormi investimenti in infrastrutture di rete in fibra. Poi i soldi finirono e la banda installata risultò in eccesso. I clienti se ne sono avvantaggiati?


"Il mercato si basava su un assunto errato, cioè che la domanda sarebbe cresciuta tanto da compensare la discesa di prezzi. Ma questo non accadde, prima di tutto perché si costruirono le autostrade senza i caselli di uscita per le città, ovvero le reti metropolitane. Come si potevano collegare i clienti alle reti internazionali? Ricorrendo all’operatore incumbent, con costi che annullavano i profitti. Le aziende non hanno beneficiato della riduzione dei costi data dalla concorrenza. C’è stata inoltre una forte manipolazione dei prezzi, anche perché, venendo all’Italia, Telecom controlla i principali percorsi internazionali della fibra, e per gli operatori alternativi non ci sono molte altre vie, e questo ha mantenuto i prezzi alti".

Quali servizi presentano oggi le maggiori opportunità di crescita?


"Un’area in fortissima crescita è quella dei servizi Carrier Ethernet, che in Italia presentano costi contenuti rispetto agli altri paesi europei. Le aziende stanno abbandonando progressivamente linee dedicate, Atm e Frame Relay, i servizi classici, per molte ragioni: è economico, facile da gestire, e non servono competenze particolari in azienda. Ethernet è nota in ambito Lan, quindi è facile utilizzarla anche nelle Wan, non è un grande salto".

In questo periodo ci sono stati molti annunci di servizi Voice over Ip…


"Anche se viene utilizzata un’altra piattaforma, resta sempre voce, con o senza un Pbx in casa. Non stiamo parlando di un nuovo servizio, di una vera innovazione, ma di un modo più flessibile ed economico per l’operatore di erogare il servizio. È il vino vecchio nella bottiglia nuova, anche se questa è più economica".

Qual è il ruolo dei virtual operator rispetto a quelli tradizionali?


"Sono in una buona posizione per competere. Per esempio, in Inghilterra Vanco ha aiutato Ibm a sottrarre a Bt il suo più grande cliente, una banca da 1 miliardo di euro all’anno. Ancora una volta vince la combinazione fra Information technology e Telecomunicazioni, fra applicazioni e connettività. I virtual operator stanno crescendo in competenza, presenza internazionale e credibilità e, lavorando con gli integratori, possono diventare concorrenti molto pericolosi per i carrier tradizionali".

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