aprile 2005 Abbiamo detto che i codec sono parti software che fisicamente dicono al sistema quali algoritmi applicare alle immagini per codificarle o decodificarle. Perché esistono tanti codec diversi? Non poteva bastarne uno per tutti? Il risparmio di …
aprile 2005 Abbiamo detto che i codec sono parti software che fisicamente dicono al sistema quali algoritmi applicare alle immagini per codificarle o decodificarle. Perché esistono tanti codec diversi? Non poteva bastarne uno per tutti?
Il risparmio di spazio è solo uno dei motivi che ha portato al loro sviluppo, ce ne sono però altri, come la necessità di conservare i video al massimo della qualità per successivi ritocchi professionali, oppure permetterne contemporaneamente l’utilizzo su sistemi hardware casalinghi spesso di scarse prestazioni.
Dato che i motivi e gli usi dei codec sono tanti, sono nati anche tanti codec che si suddividono in due grosse categorie lossy e lossless.
I due tipi principali di compressione
Come già anticipato, la codifica può comprendere la conservazione totale dei dati o una loro parziale perdita. Il primo caso è di vitale importanza in ambito professionale dove conta la qualità delle immagini, il secondo invece è più utile in tutte quelle occasioni in cui sono più importanti le prestazioni.
Lossless, per mantenere la qualità originale
Lo sono tutti i codec usati per l’editing video professionale oppure quelli per lo storage dei dati originali. Con il loro utilizzo non viene perso nulla della qualità originale del filmato perché si usa una compressione senza perdite quali il formato DV o RGB (fotogrammi interi non compressi) o il codec open source Huffyuv (il cui nome deriva da Huffman che è l’algoritmo di compressione e da YUV che è il metodo di ordinamento dei pixel).
Lossy, perdere ciò che apparentemente non serve
Praticamente tutti i codec moderni lo sono, perdono parte dell’informazione cercando di ottenere il massimo di compressione possibile. Nel caso degli ultimi codec sviluppati si è visto un progressivo interesse nei confronti delle tecniche cosiddette “psicovisuali” quelle cioè che studiano il modo in cui il cervello percepisce le informazioni da un video in movimento.
Sfruttando queste caratteristiche del cervello alcuni sviluppatori hanno inserito nei loro codec degli algoritmi che si occupano di gestire i bit di informazione in modo più preciso, dedicando maggiore precisione di codifica per le aree dell’immagine che il cervello percepisce maggiormente e sottraendo dati a tutte quelle zone dell’immagine che non sono riconosciute dal cervello, ad esempio comprimendo di più le scene veloci con immagini sfumate oppure quelle completamente buie in cui il cervello umano non è in grado di estrapolare dettagli.
Con questo metodo pesantemente “lossy” per i dati, ma impercettibile per gli umani, gli sviluppatori sono riusciti a fare un ulteriore salto in avanti nella qualità e nel grado di compressione delle immagini in movimento.