Facendo “di necessità virtù”, molte Piccole e medie imprese hanno preso spunto dagli obblighi imposti dalla legge, in materia di tracciabilità di filiera o di tutela della privacy, per ottimizzare le infrastrutture informative. I benefici sono evidenti, soprattutto in tema di governo del workflow.
La direttiva dellUnione europea 10939, entrata in vigore lo scorso gennaio, impone luso di sistemi di tracciabilità esterna, per risalire allorigine dei prodotti in commercio in ambito agroalimentare. Impone a produttori e distributori di dotarsi di sistemi che consentano, in caso di non conformità dellalimento, di risalire a ritroso alle cause che lhanno generata, rintracciare i lotti collegati e, soprattutto, individuare le colpe relative alle materie prime utilizzate, al sistema di conservazione o altro. Alle Pmi che operano in questo ambito è richiesto, quindi, un impegno consistente sul presidio di tutte le fasi di lavorazione a monte e a valle della filiera produttiva. La legge non prevede ancora meccanismi chiari di punibilità nei confronti di chi non adotta un sistema di rintracciabilità, tuttavia i riflessi dal punto di vista etico, tecnologico e di mercato sono notevoli. "La maggior parte delle aziende dichiara di avere un sistema in regola – esordisce Giuseppe Marengon, Extended Manufacturing marketing manager di Hp Italia – che, spesso, altro non è che il gestionale preesistente, che offre una tracciabilità a grandi linee. Quasi nessuno, invece, è in grado di ricostruire a ritroso il percorso del singolo lotto. Nel caso di problemi, questo vuol dire dover richiamare tutta la produzione di un intero periodo, con un danno enorme per lazienda". Le tecnologie odierne possono, invece, offrire una rintracciabilità "sistematica", grazie allutilizzo di tag Rfid e allaggiornamento degli Erp e dei database relativi. "Le stesse tecnologie, utili nellagroalimentare, offrono nuove opportunità anche nel non-food – prosegue il manager -, per controllare le contraffazioni, ottimizzare la logistica e il riordino dei prodotti. I tag Rfid rendono disponibili, oltre alle infomazioni su azienda e prodotto, anche la serializzazione dellunità di movimentazione del prodotto. Questo apre prospettive più interessanti anche sotto il profilo della tracciabilità. Il vincolo è legato alla direttiva Ue 11020, che entrerà in vigore nel 2006. Impone il tracking di tutte le trasformazioni interne avvenute su una determinata materia prima". Per la tracciabilità è possibile usare i tradizionali Erp, che gestiscono a volume le quantità di prodotti riassortite, cui si aggiunge una funzione di "serializzazione", per assicurare un livello di dettaglio ulteriore al database prodotti e al gestionale stesso. "Quello che accade oggi – gli fa eco Roberto Cavallero, amministratore delegato di Ibimec – è che tutti sono in grado di risalire al singolo lotto o semilavorato prodotto al proprio interno. Rimane aperto, tuttavia, il problema di legare tutti i lotti in contesti dove avvengono diverse tipologie di lavorazioni". Lazienda, in questo caso, deve attrezzarsi per riuscire a definire esattamente tutto quanto è stato "ottenuto" (produzione) e "utilizzato" (materie prime), generando una partita doppia. "Deve trattarsi – prosegue Cavallero -, di un supporto utile alla stesura di bilanci di quantità, una specie di contabilità industriale interna, dalla quale lazienda sia in grado di trarre, in qualsiasi momento e in pochi secondi, una fotografia di ciascuna fase del processo produttivo utile a orientare i controlli". Questo richiede alle Pmi uno sforzo non indifferente. Gli Erp tradizionali devono evolvere, con lintegrazione di strumenti necessari a garantire funzionalità estese di tracciabilità e rintracciabilità, nellottica del presidio di tutti i costi del processo di trasformazione. "Limposizione normativa – conclude Cavallero – può e deve essere il volano in grado di indirizzare gli investimenti in tecnologia verso soluzioni che ottimizzano i processi. Chi non fa investimenti di questo tipo è destinato a soccombere. Le grandi catene distributive e i bandi delle gare di appalto richiedono la facile rintracciabilità di tutto il processo e né la Gdo né, tantomeno, la ristorazione collettiva sono disposte ad acquistare cibo di dubbia lavorazione".