Idf, lezioni americane

Al termine della manifestazione dedicata ad Intel, e con il CeBit ancora in svolgimento, proponiamo alcune riflessioni di base sullo stato dell’arte e sul ruolo della stessa Intel.

La sintesi del ricchissimo evento californiano può essere articolata su
tre domande e una affermazione.
L’affermazione è presto fatta:
NetBurst è un’architettura morta, e con lei il Pentium 4.

Qualche trucchetto resterà a disposizione, ma si tratta di briciole. Nulla
resta dello slogan di qualche anno fa, “NetBurst a 10 GHz”. Ma questa è
storia del marketing, non tecnologia. Passiamo invece alle tre domande, ancorate
al presente e al futuro dei microprocessori.

1) Core è una
buona architettura?

Assolutamente sì.. Il chip è già oggi di
ottima levatura, ed promette bene per il futuro. Intel insiste molto nel
presentarla come una nuova generazione, ricusando il commento che vuole Core
solo un miglioramento di Banias. Oggi il dubbio persiste, a favore dell’upgrade,
anche se piuttosto pesante (in particolare per la macrofusion); ma la vita di
un’architettura va ben oltre il primo rilascio, per cui il giudizio potrebbe
essere rivisto al rialzo, in termini borsistici.
In particolare, desta
perplessità la scelta di non ipotizzare neanche l’inserimento del controller di
memoria direttamente sul chip dei processori, anziché sul chipset com’è
attualmente. Le considerazioni a vantaggio di questa scelta non mancano, ma non
suona bene il fatto che ufficialmente non venga ipotizzata neanche nei prossimi
12-18 mesi.

2) Intel è ancora leader
tecnologico?

Sì. Per meglio rispondere a questa domanda, però,
bisogna dare più dettaglio. L’aspetto più importante dal 1993 ad oggi è stato la
capacità produttiva, ed in questo Intel è in enorme vantaggio sui concorrenti,
con tre fabbriche a 65 nm già operative e altre due in arrivo. Ma un giudizio
complessivo va dato anche su altri tre fronti: transistor, architettura e
processo. Sui transistor la leadership c’è, ma non sembra assoluta; per quello
che si sa della concorrenza (IBM ed AMD), però, il numero di alternative a
disposizione di Intel sembra maggiore, il che garantirebbe i risultati nel
tempo. L’architettura, come detto nel punto sopra, deve dimostrare il suo
valore. Gli anni persi nel perseguire gli obiettivi di NetBurst pesano come
macigni, e servono almeno 9-12 mesi per vedere il futuro di Core.
Poi, però,
la mano di gioco potrebbe ribaltarsi.
Laddove la leadership torna assoluta è
nel processo. Avvicinandosi alla produzione, la leadership appare
incredibilmente solida. E non solo oggi, ma per gli anni a venire fino almeno al
2015: la presentazione del tecnologo Paolo Gargini, italiano d’Italia, è stata
entusiasmante; quella dell’italo-americano Mario Paniccia, sulle prospettive
della silicon photonics, interessante. La parola passa ai concorrenti, se ne
hanno una.

3) Quanto vale la strategia su
Core?

La domanda corretta sarebbe stata sulla strategia di
Intel, ma oggi si assiste ad una assoluta identificazione delle due, almeno
finché Otellini sarà presidente (quindi fino al 2009 o 2010). Oggi Intel ha tre
architetture: Xscale, x86, Itanium. Core è piccolo e scala verso il basso. A
breve termine, diciamo 9-12 mesi, potrebbe essere competitivo con Xscale.
D’altronde ci sarà un motivo se Hans Geyer è passato da Xscale ai sistemi di
storage: Geyer, preparatissimo, ha condiviso la sorte degli Xscale, che -a suo
dire- a parità di clock erano più potenti del P4.
La cosa divertente è che
Core minaccia anche Itanium. Nonostante gli incredibili investimenti per
ampliare la presenza di questo chip sul mercato, Itanium scala lentamente verso
il multicore.
Quindi è ragionevole pensare che un Core a 8 nuclei possa
andare a prendere un Itanium a 4. La soluzione sarebbe funzionale per molti
versi. Sulla carta, Intel impennerà i multicore molto prima di quanto la
comunità del software possa adeguarsi, quindi in pochi anni avremo di nuovo chip
sottoutilizzati. In quelle circostanze, server e multicomputer saranno il
naturale territorio di multicore spinti.
D’altronde Intel si sta impegnando
molto sui profili di esecuzione di codice x86, non solo per portare software
risc su x86 o Itanium (grazie all’accordo con la Transitive), ma anche per
reinterpretare vecchio codice sui nuovi x86. E vecchio codice potrebbe essere
benissimo anche quello per Itanium.

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