Perché grandi società aprono una presenza sulla piattaforma virtuale di cui tutti parlano.
Second Life è il posto in cui puoi esprimere chi sei. O, almeno, credere di farlo. Alcune grandi aziende di portata mondiale, come Adidas, Dell, Sears e Toyota, hanno scelto di entrare in questo mondo per i loro affari.
La piattaforma virtuale creata da Linden Lab nel 2003 è un luogo ideale per stabilire i negozi, è una vera e propria comunità. Gli abitanti di Second Life vivono, camminano, hanno proprietà, costruiscono case, aprono attività, hanno relazioni. Proprio come nel mondo reale. Con un vantaggio: risolvere problemi reali con soluzioni virtuali. I limiti fisici possono essere superati, si può realizzare tutto ciò che si desidera.
Comunità di questo tipo in cui si scambiano beni e oggetti sono l’ambiente ideale per coloro che vogliono investire in nuove forme di consumo. Se cambia il contesto, lo stile di vita delle persone, cambierà anche ciò che acquisteranno. Se viene creato un mondo alternativo, bisogna trovare il modo di introdurre anche in esso la propria attività.
Anche se comporta dei rischi, come quello che i negozi virtuali restino vuoti.
Indagare i meccanismi e le cause di una tale situazione è di primaria importanza. Si è sviluppato in rete un dibattito tra esperti di realtà virtuale e membri delle aziende coinvolte, nel tentativo di comprendere e favorire le opportunità di business in questo nuovo campo. Ecco allora alcune tra le principali argomentazioni che hanno spinto le grandi corporation mondiali a muoversi su questo tema, così come sono state riportate sulla stampa statunitense.
Per Joel Greenberg, che lavora per l’agenzia di pubblicità americana Gds&M, il problema è che i tempi non sono maturi per un cambiamento commerciale di questo tipo. Non si può semplicemente utilizzare una comunicazione pubblicitaria di massa, occorre un marketing di tipo personalizzato, che aiuti la gente a scegliere.
Second Life ha circa tre milioni di persone registrate, ma solo il 10% diventa membro stabile della comunità. Ciò implica una dispersione, tipica della rete.
Nicholas Ducheneant, un ricercatore che si occupa di mondi virtuali allo Xerox Parc, considera questo mondo un grande spazio e un’esperienza fatta in solitudine. Giff Constable, Vp di Electra Sheep, ha notato che, a differenza del web, second life permette una grande interattività tra gli abitanti. È proprio questa la caratteristica da sfruttare.
L’opinione di Christian Renaud, manager dello sviluppo business per il Cisco Tech Center, è di sviluppare e utilizzare le potenzialità relazionali di un sistema di questo tipo. È importante essere riconosciuti, trovare un posto nella mente del consumatore. Come nella vita reale.
Un’ulteriore sfida è quella di coniugare gli elementi di fantasia e quelli concreti di vendita. Da un lato,infatti, c’è l’astrazione, gli elementi fantastici tipici di un mondo virtuale, dall’altro, i comportamenti convenzionali di consumo, obiettivi e strategie di vendita. La cosa importante è entrare in questa realtà, riuscire a colpire anche questa comunità. Bisogna trovare il modo.
Greg Lastowka, professore di giurisprudenza a Rutger, considera una mancanza il sottovalutare le relazioni culturali della vita reale. La parte sociale dell’esperienza di acquisto è fondamentale. È sempre il contesto a determinare i comportamenti degli individui. Non basta che gli spazi siano belli e accoglienti, devono essere anche umani.
Nonostante le divergenze di opinioni, c’è una cosa su cui tutti concordano: il business e la realtà virtuale devono incontrarsi. Le potenzialità offerte da Second Life sono molteplici e varie, ma lo sono anche i bisogni degli individui. Le compagnie devono prima di tutto indagare sulle necessità degli utenti, sui valori che la comunità, reale o virtuale, attribuisce all’esperienza di consumo.