Gli utilizzatori sono sempre più favorevoli alle politiche eco-ambientali anche nel settore hi-tech, ma le aziende sembrano essere meno “sensibili”. Eppure…
Interessante la conclusione: la “rivoluzione verde”, vale a dire il nuovo orientamento dei cittadini nei confronti dell’ambiente, inizia a essere fortemente percepita anche all’interno degli uffici. Lo hanno decretato 2.500 dipendenti di aziende francesi, tedesche, inglesi, spagnole e italiane, interpellati recentemente da Lexmark, in collaborazione con Ipsos Global, per valutare il livello di consapevolezza loro e delle aziende presso le quali lavorano in relazione all’impatto che hanno sul sistema ambientale tutte le attività quotidiane.
Il 27% degli intervistati dichiara di adottare una corretta etica “ecologica”, mentre il 32% afferma di essere informato delle ripercussioni che i processi di stampa possono avere sull’ambiente se gestiti impropriamente.
Per quanto riguarda l’Italia, dove il campione degli intervistati è pari a un quinto del totale, queste percentuali corrispondono rispettivamente al 41% e al 24 per cento.
Attenzione
ai consumi
In generale, i dipendenti aziendali sono a favore delle politiche eco-ambientali, ma dalla ricerca emerge che molti di essi lamentano una mancanza di interesse da parte delle aziende per cui lavorano.
Gli italiani, per esempio, hanno dichiarato una particolare attenzione ai consumi di corrente (8%) e hanno evidenziato che nella propria struttura non viene effettuata la raccolta differenziata della carta (9 per cento). Non pare, dunque, un caso che oltre un terzo degli interpellati ritenga che la via più efficace per obbligare le aziende a perseguire politiche ambientali sia l’introduzione da parte dei Governi di normative e leggi specifiche che indicano a modificare le “cattive” abitudini aziendali.
Una certa responsabilità viene attribuita anche ai produttori, che secondo il 27% degli intervistati dovrebbero avere un ruolo più incisivo nell’educare il personale d’ufficio, soprattutto in relazione alla capacità di scegliere prodotti eco-compatibili.
Parecchia attenzione viene prestata al consumo di carta: l’85% degli italiani dichiara di leggere i messaggi e-mail e gli altri documenti unicamente a video evitando di stamparli; per contro, solo il 34% utilizza carta riciclata e solo il 33% stampa su ambedue le facciate.
Si nota una certa sensibilità anche rispetto agli sprechi di energia elettrica e ai consumi inerenti l’utilizzo delle cartucce: si spengono il pc, lo schermo e spesso ci si accerta dello spegnimento delle stampanti dislocate negli uffici.
Meno positiva è la situazione relativa al riciclo delle cartucce. Soltanto il 49% dei dipendenti europei le deposita negli appositi contenitori, mentre il 16% si limita a gettare le cartucce vuote nel cestino. Più responsabili, invece, le aziende: il 63% dei dipendenti (il 54% in Italia) dichiara il regolare ritiro delle cartucce esauste da parte dei produttori.
Consumi
in regola
nei data center
C’è chi ha calcolato che nel 2006 un data center medio abbia consumato ogni giorno la stessa energia erogata dalla combustione di circa cento barili di petrolio. Eppure risparmiare si può. Lo dice la 3Par che suggerice una strada di ottimizzazione per tagliare del 50% i costi operativi.
Di seguito diversi punti da tenere sotto controllo:
– Ridurre le necessità di alimentazione dei sistemi di
storage e di raffreddamento delle apparecchiature ottimizzando (nel senso di un migliore sfruttamento) le capacità dei dischi presenti nel data center, utilizzando la leva del provisioning.
– Ottimizzare la capacità necessaria per le operazioni di data protection e di disaster recovery.
– Ottimizzare spazi e consumi agendo sulla leva delle tecnologie di virtualizzazione.
– Programmare una transizione a un ambiente di utility computing, in cui la virtualizzazione dei server e dello storage costituiscono il perno per migliorare lo sfruttamento delle risorse esistenti.
– Stabilire una relazione proattiva con l’utility fornitrice di energia elettrica vagliando, assieme, le vie
per migliorare la gestione del
consumo delle infrastrutture.
– Acquistare carbon credit (ossia le unità di scambio equivalenti a una tonnellata di anidride carbonica) per compensare le emissioni che si continueranno a generare con il proprio lavoro.