Red Hat si butta sui dati

L’acquisizione di Metamatrix porterà ad avere una proposta open in abito data integration, è solo questione di tempo.

L’acquisizione di Metamatrix inizierà a dare i propri frutti non appena l’offerta sarà resa open source, tra circa 8/12 mesi, secondo la tipica filosofia Red Hat“, afferma Gianni Anguilletti, country sales manager di Red Hat Italia.

La serie di nuove applicazioni, incluse nel portafoglio della casa americana come soluzioni proprietarie, si colloca nell’ambito della data integration, rendendo possibile la creazione di database virtuali mediante una “federazione” di sorgenti dati eterogenea. In pratica, non si prendono i dati dalle singole fonti, si uniformano e si inglobano in un nuovo repository.
Piuttosto si lavora a livello di metadati, lasciando le proprietà dei dati invariate, evitando così la duplicazione, la perdita di informazioni l’utilizzo di consistenti risorse hardware.
Il tutto condito da un ambiente grafico basato su wizard facile da utilizzare.

Così, prosegue l’espansione di Red Hat verso un portafoglio di soluzioni enterprise vincenti come JBoss: “Lo considero l’anello mancante tra il sistema operativo e le applicazioni – conferma Anguilletti – e prevedo una notevole crescita”.

Il successo di JBoss risiede nella sua adattabilità e nella modularità della componente Framework. “Il modulo Hibernate, per esempio – osserva il manager -, è scaricatissimo e viene utilizzato spesso con altri application server”.

A fine anno si prevede l’adeguamento agli ambienti Soa e, successivamente, il modulo di Enterprise Service Bus. JBoss, nonostante cubi non più del 10% del fatturato totale, ha già contribuito alle buone performance della filiale italiana, cresciuta di circa il 50% anno su anno soprattutto in ambito finance, telco e Pa, secondo i dati dell’ultimo trimestre conclusosi ad agosto.

E la crescita è anche dovuta ai partner, passati da 30 a 70 (20 advanced, 50 ready) in un anno, tanto che ad Antonio Leo è stato affiancato l’ex Novell Robert Loos come channel manager.
Di questi, in ogni caso, solo un pugno è in grado di lavorare su JBoss, altri stanno studiando per farlo. Byte-Code, Plansoft e Sourcesense sono i primi system integrator ad aver siglato un accordo specifico per la proposizione di JBoss Enterprise Middleware.
 Ma i partner servono anche per la divulgazione di tutto il verbo Red Hat: “Stiamo pensando di ampliare il numero di centri di training – spiega Anguilletti – dislocandoli su altre città che non siano solo Milano e Roma. Per esempio, a Palermo, con Bc Engineering”. “L’intenzione è di veicolare più dell’attuale 50% del business tramite partner – conclude il manager – anche se non vogliamo fare numero”.

D’altronde, se anche si volesse non si riuscirebbe: uno dei requisiti per diventare partner certificato è avere due risorse che abbiano passato il fatidico esame per diventare Rhce (Red Hat Certified Engineer), solo 30mila persone nel mondo lo sono.

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