Un importante evento promosso da Electrolux ha indotto una riflessione concreta su questi temi
«Quando finiranno le riserve mondiali di petrolio? C’è chi dice che il picco sarà raggiunto intorno al 2010, per i più ottimisti intorno al 2035. Alcuni scienziati dicono che addirittura non sopravviveremo a questo secolo, ma di certo saremo ricordati nel futuro “come l’era del petrolio”, un combustibile comunque destinato a esaurirsi». Un approccio apparentemente apocalittico, quello di Jeremy Rifkin, economista e scrittore americano da sempre impegnato sul fronte dell’ambiente, e più precisamente a individuare le soluzioni per affrontare una crisi energetica su cui, come sottolinea, si può non concordare sui tempi, ma non sulla sua realtà. La riflessione forte di Rifkin ha aperto con un alto tasso di competenza l’evento Green Spirit organizzato da Electrolux il 10 maggio nello stabilimento di Porcia, vicino a Pordenone. Una giornata di incontri e riflessioni sul tema del contributo degli elettrodomestici alla sostenibilità ambientale, con il titolo significativo di “Industria, distribuzione, consumatori e istituzioni, un’alleanza per la sostenibilità”.
Il futuro è nell’idrogeno?
Una consapevolezza, quella della responsabilità delle scelte rispetto al futuro del pianeta, che dovrebbe coinvolgere tutti: singoli, ma anche e soprattutto le istituzioni e le realtà produttive, come ha sottolineato Rifkin, invitando a riflettere quale dovrebbe essere il nuovo profilo energetico. Per l’economista americano non ci sono dubbi: il futuro è nell’idrogeno, la sostanza delle stelle, inteso come una modalità di immagazzinare energie rinnovabili. «Tutto – economia, società, politica, stili di vita – gira intorno al petrolio che però, come dimostrano i numerosi allarmi e le diverse previsioni, sta finendo. La temperatura del pianeta oggi è la più alta degli ultimi 650mila anni», dice Rifkin, che aggiunge «Forse non meritiamo di stare su questa terra. Siamo lo 0,5% delle specie viventi e usiamo il 40% delle risorse planetarie». Risorse che non sono infinite. Ma siamo ancora in tempo a cambiare rotta e per l’appunto, secondo Rifkin, la soluzione è l’idrogeno. Una rivoluzione basata sulle celle combustibili a idrogeno, che permetteranno di immagazzinare l’energia prodotta da fonti rinnovabili (sole, vento, maree, biomasse) per poi produrla a sua volta. Il risultato sarà una rete energetica che, come Internet, sarà senza “centro”, ma alimentata da milioni di microgeneratori di energia. Con un impatto epocale, secondo Rifkin, analogo a quello che si è prodotto più di un secolo fa con l’unione di elettricità e petrolio. E possibile, perché le tecnologie sono già disponibili. «Molte aziende leader stanno investendo grandi risorse economiche nello sviluppo di questo settore e nella applicazione dell’energia all’idrogeno, dalla General Motors a sette grandi gruppi industriali giapponesi. E un gruppo come Electrolux, per la sua struttura, le sue competenze, il suo rapporto diretto con i consumatori, può essere un battistrada sulla via di nuove metodiche per “creare valore”, non solo – come già sta facendo – attraverso prodotti che utilizzino nel modo migliore l’energia, ma per realizzare questa rete di produzione-distribuzione-utilizzo. Contribuendo a creare un regime energetico non più “top down” ma distribuito».
Coinvolgere tutta la filiera
Ma davvero stiamo andando verso quella che Rifkin chiama la “terza rivoluzione industriale”? Va ricordato che lo stesso economista americano, che gode di molti estimatori, conta anche diversi detrattori che contestano la sua fede nell’idrogeno come soluzione globale. Ma è indubbio che l’era del petrolio ha prodotto e sta producendo danni enormi, primo tra tutti il riscaldamento del pianeta, di cui abbiamo ormai una esperienza diretta, che ha moltiplicato una sensibilizzazione diffusa sul problema. Solo pochi giorni prima dell’evento di Porcia, il 5 maggio, il Comitato intergovernativo sui cambiamenti climatici, composto da un panel di esperti dell’Onu, ha stilato una serie di raccomandazioni, con l’indicazione di agire subito per poter tagliare entro il 2050 fino all’85% dei 26 miliardi di tonnellate di anidride carbonica prodotta dall’uomo. Gli ambiti attraverso cui occorre agire sono stati individuati in particolare nei seguenti settori: trasporti, edilizia, risparmio energetico, riciclaggio dei rifiuti, utilizzo di energie rinnovabili. Ma in ogni ambito produttivo – e non solo – è urgente una presa in carico dei problemi energetici che, esattamente come si è fatto a suo tempo per il concetto di qualità totale a livello produttivo, devono riguardare tutta la filiera.
Electrolux, sostenibilità per un business “pulito”
Da parte sua Electrolux sta lavorando nella direzione della sostenibilità da tempo: basterebbe citare la lunga collaborazione del Gruppo con il Fondo Mondiale della Natura, che «è stata fonte di ispirazione per l’intero Gruppo e ha aperto la strada all’introduzione di un sistema di gestione ambientale in tutte le attività», come ha sottolineato Hans Stråberg, President e Ceo di Electrolux. «La sostenibilità – dice Stråberg – consiste nella creazione di vantaggi economici tramite la costruzione di un valore che perdura nel tempo, e che si riflette sia nei prodotti che immettiamo nel mercato sia nell’integrità delle nostre politiche economiche. Misuriamo il valore delle nostre attività tramite la valutazione dell’impatto, sia positivo che negativo, che esse hanno sull’ambiente e sulle persone, nel lungo termine. Come si può notare dal nostro ultimo Bilancio della Sostenibilità, il successo delle nostre strategie economiche dipende in grande misura da quanto l’azienda viene percepita come sostenibile e attenta agli aspetti ambientali». Gli elettrodomestici sono prodotti che riflettono sempre di più i valori e la personalità di un consumatore, che non è più solo “attento” genericamente all’ambiente, ma si sente coinvolto direttamente nelle scelte che riguardano la sostenibilità. «Per il nostro Gruppo tutto inizia dal rispetto, addirittura dal superamento, di elevati standard etici, sociali e ambientali. E riponiamo le stesse aspettative di eccellenza in tutti i nostri dipendenti e fornitori, tramite il Codice di Comportamento formulato da Electrolux». Il Gruppo, che da tempo collabora con il WWF e che recentemente ha ricevuto il Premio Europeo della Commissione Europea per l’Energia sostenibile, è impegnato a ridurre il proprio impatto sull’ambiente su più fronti: minimizzando l’utilizzo di materiali pericolosi, realizzando processi produttivi puliti ed efficienti, massimizzando l’efficienza nell’utilizzo delle risorse, progettando elettrodomestici con prestazioni ecosostenibili.
Verso elettrodomestici “verdi”
Dopo aver affrontato e risolto, 15 anni fa, il problema del freon che apportava danni alla fascia dell’ozono, oggi Electrolux è impegnata ad affrontare il problema del cambiamento climatico, che è sempre più sentito. Electrolux ha adottato un approccio su tre fronti per contribuire alla soluzione. Concentrandosi sullo sviluppo e la promozione di elettrodomestici a basso consumo di energia, facendo crescere nei consumatori la consapevolezza dell’importanza di acquistare elettrodomestici a basso consumo per creare una società sostenibile. E di strada Electrolux da questo punto di vista ne ha fatta davvero tanta: «oggi un frigorifero Electrolux è mediamente più efficiente del 40% rispetto a quelli di 10 anni fa. La direzione è chiara, indicata anche da recenti prodotti innovativi come Sensidry, asciugabiancheria a pompa di calore, più efficientedel 45% in termini di consumo energetico rispetto alle apparecchiature tradizionali. In generale, i prodotti a miglior efficienza ambientale nel 2006 hanno ottenuto un margine di profitto maggiore del 45% rispetto a quelli ottenuti da prodotti meno efficienti». Una posizione di leadership, quella di Electrolux in questo ambito, che il Ceo sostanzia con due fatti: «in termini di proporzioni della nostra presenza sul mercato, le vendite nel settore della refrigerazione sono più forti tra i prodotti di classe energetica A++ e il 99% delle lavastoviglie Electrolux vendute in Europa è in classe energetica A. Ma lavorare sui prodotti non basta: occorre migliorare il modo di operare. Per questo nel 2007 Electrolux si è impegnata a incrementare ulteriormente i propri sforzi per migliorare l’efficienza all’interno delle proprie attività, risparmiando sui costi di gestione e riducendo le emissioni di CO2 in modo significativo. E lo stiamo facendo mediante cambiamenti del comportamento nel lavoro e nella gestione delle fonti energetiche».
La sostituzione e lo smaltimento
Oggi si stima che nelle case europee ci siano 188 milioni di elettrodomestici che hanno oltre 10 anni di vita. Sostituirli con quelli che consumano meno energia potrebbe portare a una sostanziale riduzione di emissioni di CO2 ogni anno. «E l’80% del consumo energetico di un prodotto durante il suo ciclo di vita avviene in fase di utilizzo. Per questo motivo Electrolux ha il massimo potenziale rispetto alla riduzione dell’emissione di anidride carbonica mediante un’accurata progettazione».
Il 27 aprile di quest’anno sono stati finalmente definiti dal Governo italiano gli incentivi per la sostituzione delle vecchie apparecchiature, che saranno elargiti per sei mesi. Ma, come ha sottolineato Gianfranco Schiava, amministratore delegato Electrolux Zanussi Italia, «si tratta di un periodo troppo breve e gli incentivi dovrebbero essere estesi anche a lavastoviglie e lavabiancheria». Ma servirebbero anche forme di agevolazione fiscale per le aziende che si impegnano in processi di produzione eco-compatibile. «È necessario sanzionare le aziende che non percorrono la strada della salvaguardia dell’ambiente e controllare la correttezza delle etichette applicate sui prodotti: perchè è inutile produrre un elettrodomestico di Classe A se i processi per produrlo non sono stati rispettosi delle direttive in materia ambientale». Infine, secondo Schiava, servirebbe un database delle aziende eco-responsabili: «Non basta l’autocertificazione, è necessario fissare degli standard che interessino tutti i momenti produttivi, secondo un concetto integrato di filiera».
I consumatori: quanto conta il fattore energetico
Secondo un’indagine condotta da Makno & Consulting per conto di Wwf e Ras (Gruppo Allianz), (e recentemente riportata da Imq Notizie), che ha sottoposto un questionario a circa 2000 navigatori Internet, oltre il 70% dichiara di mettere in atto un comportamento domestico di spreco (ad esempio, non utilizza lavatrice e lavastoviglie a pieno carico), ma oltre il 75% dichiara anche che il fattore consumo energetico incide nella scelta di un elettrodomestico in maniera addirittura più significativa del prezzo, in particolare per quanto riguarda frigoriferi e lavatrici, per i quali, negli ultimi tre anni, quasi la metà degli intervistati ha scelto un modello a basso consumo. Nel suo complesso la ricerca sembra evidenziare una dicotomia tra comportamenti e acquisti, tra pratica e intenzioni, dovuta probabilmente a una carenza di informazione.
Un problema anche legislativo
Ai limiti della polemica, il presidente di Ceced Italia (l’associazione dei produttori di elettrodomestici), Piero Moscatelli, ha ricordato recentemente che spesso il consumatore non ha informazioni sufficienti: «Non si deve imbrogliare il consumatore promettendo quello che non c’è. Ad esempio, non esistono lavabiancheria in classe di efficienza energetica A++ per il semplice motivo che nessuno ha mai definito i criteri di risparmio di elettricità per appartenervi». In realtà si tratta di un appello, lanciato nel maggio scorso, per sensibilizzare tutta la filiera ed evitare comunicazioni scorrette sulla stampa e nei punti vendita in relazione alla lavabiancheria di classe A++ che non è mai stata codificata. Il vero obiettivo, a più largo raggio, è invece quello di rafforzare l’attenzione rispetto al risparmio energetico, privilegiando la correttezza dei contenuti e l’etica commerciale e industriale. L’etichetta energetica dei grandi elettrodomestici è regolata da oltre 10 anni mediante Direttiva UE, ma il problema sono i prodotti importanti che dichiarano efficienze energetiche indimostrabili o che non rispettano i parametri stabiliti per appartenere alle classi indicate dall’etichetta. Senza contare gli stock di prodotti di incerta origine, qualità discutibile e addirittura senza etichetta energetica.
Il rispetto delle regole di mercato
Aggiunge Piero Moscatelli: «Un mercato senza regole e inquinato da messaggi infondati fa male ai consumatori, alla distribuzione e ai produttori che rispettano la legge. Noi produttori europei abbiamo investito 10 miliardi di euro negli ultimi 10 anni in elettrodomestici sempre più performanti, facili da usare, parchi nei consumi energetici. Continueremo a migliorare i prodotti, ma chiediamo ai legislatori che attuino programmi per incentivare la sostituzione dei modelli obsoleti ed energivori». Da questa asimmetria del mercato (tra chi rispetta le regole e chi no) nasce la decisione di tutti i produttori europei di elettrodomestici di non proseguire con gli accordi volontari, lanciati nel 1997, che hanno permesso di raggiungere, grazie ad elettrodomestici più performanti, consumi drasticamente ridotti: basti ricordare che oggi un frigorifero della massima classe di efficienza energetica consuma il 25% dell’elettricità consumata da un tipico frigo del 1990.
Più sensibilità, ancora poca chiarezza
Bernhard von Mach, project director della campagna della Comunità Europea in tema di energia sostenibile, il cui obiettivo è di divulgare in tutti i 27 paesi dell’Unione l’utilizzo di energie sostenibili, ha annunciato a Porcia che la comunicazione è stata programmata fino al 2010. Si tratta di una campagna che si avvale di 170 partner a livello europeo, e che vede come momento clou l’organizzazione degli Energy Day, giornata evento per il pubblico. Occorre anche recuperare un ritardo, di comunicazione ma soprattutto di mancanza di regole, in parte dovuto a quello che Michele Candotti, segretario generale Wwf, ha definito “il negazionismo ambientale” che fino a sei mesi fa ancora qualcuno proclamava senza remore sui media, negando l’evidente urgenza del problema.
Per Albino Sonato, presidente dell’Associazione Italiana Retailer, nata due anni fa e inserita in Federdistribuzione, è indispensabile una stretta collaborazione con Ceced per quanto riguarda l’applicazione delle Raee (la direttiva Ue sui rifiuti elettrici ed elettronici) «perché finora la politica non ha dato nessuna risposta. Risposta che può venire solo da un più stretto dialogo con la distribuzione e l’industria». L’applicazione della Raee, che stabilisce le modalità di riutilizzo, riciclaggio e altre forme di riconversione di questo tipo di rifiuti imposte alle aziende produttrici e ai grandi operatori logistici, lascia infatti dei vuoti sull’individuazione di formule, spazi e modalità per lo smaltimento. Ma forse, insieme al prezzo, occorrerebbe che le aziende indicassero anche l’energia spesa dal prodotto durante l’intero ciclo di vita, per offrire ai consumatori la possibilità di valutare davvero “quanto costa”.