Microsoft si prepara alla svolta Soa con Oslo

Con questa mossa il colosso di Redmond punta ad allineare la sua tecnologia alle capacità raggiunte dall’offerta di Ibm, Tibco e Oracle

L’ultima volta che Microsoft chiamò un suo progetto con il nome di una città ventosa scelse quello di Chicago. Era il secolo scorso e il nome in codice si sarebbe, poi, trasformato in quello commerciale di Windows 95.

Proseguendo sulla strada del ricorso storico, se il progetto Oslo produrrà sul mercato quello che accadde con Windows 95, allora potremmo essere di fronte a una svolta di peso per le strategie di mercato della casa di Redmond. Stavolta, però, non si tratta di un prodotto “inscatolabile”, quanto di un sistema coordinato di tecnologie per le architetture orientate ai servizi e per le applicazioni composite che le devono sfruttare.

Elemento centrale di questa impostazione è BizTalk Server, ossia il perno architetturale delle transazioni Web di Microsoft.

I miglioramenti tecnologici del progetto Oslo saranno spalmati oltre che su BizTalk Server anche su tutte le versioni dei BizTalk Services, di Visual Studio, del framework .Net e di System Center, cioè su tutta la prossima generazione di software di infrastruttura della casa di Redmond.

Oslo, cioè il collante architetturale, sarà un linguaggio di modellazione valido per tutti i server applicativi (e, quindi, anche in grado di parlare con altri linguaggi, come il Bpel, Business process execution language), ma anche un insieme di strumenti e un repository per tessere i collegamenti tra i modelli. In sostanza, si tratta di portare la modellazione degli oggetti software di business dentro lo sviluppo applicativo: i modelli non serviranno più a descrivere l’applicazione, ma saranno l’applicazione stessa.

Di Oslo se ne parla perché è stata oggetto della sesta conferenza annuale sulle Soa e sui processi di business, tenute presso il campus di Microsoft, a Redmond.

Alcuni analisti hanno fatto notare che il senso strategico del progetto è di allineare la tecnologia Microsoft alle capacità già raggiunte da quelle di Ibm, Tibco e Oracle.

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