Oltre 11mila aziende certificate in Italia, di cui il 14% in Lombardia secondo i dati della Camera di commercio milanese: ma per contenere le emissioni bisogna investire di più
Ridurre le emissioni di CO2 nell’atmosfera è il principale obiettivo delle politiche europee sull’ambiente. Come si stanno comportando le imprese italiane? Gli ultimi dati, diffusi dalla Camera di commercio di Milano, segnalano un andamento altalenante: se da un lato in Lombardia si contano 1600 aziende con certificazione ambientale Iso 14000 (il 14,4% del nostro paese), proprio la Lombardia occupa il secondo posto tra le regioni più inquinanti, con oltre 29 milioni di tonnellate di emissioni, pari al 13,3% nazionale.
In cima alla classifica si trova la Puglia con 46 milioni di tonnellate, che incidono sull’inquinamento complessivo per il 21,2%; al terzo posto la Sicilia con 27 milioni. Le imprese certificate, invece, sono oltre 11mila in tutta la penisola: la Lombardia è seguita dal Piemonte (10% del totale) e dalla Campania (9,4%). Nella provincia di Milano si concentra il 6% delle aziende virtuose, vale a dire 655 tra sedi e organizzazioni.
La teoria dei “wedges”
Tecnologia pulita e produzione industriale possono quindi procedere a braccetto, come emerge già dal fatto che la Lombardia emette una quantità d’anidride carbonica inferiore a quella della Puglia, nonostante il suo peso economico sia maggiore di qualunque altra regione italiana. Il problema, secondo il professor Stefano Consonni del Politecnico milanese, intervenuto a un seminario di Kyoto Desk su cambiamenti climatici e strumenti per le imprese, risiede nell’effettiva volontà degli attori in gioco (governi e aziende) nell’investire risorse ingenti per la riduzione di CO2.
Il punto di partenza è che, per stabilizzare le emissioni nocive in atmosfera, nessuna tecnologia, presa singolarmente, può servire allo scopo. L’unica via percorribile, come ha spiegato Consonni, è quella dei “wedges” (fettine), formulata dagli americani S. Pacala e R. Socolow. L’obiettivo è contenere le emissioni a meno del doppio dell’era pre-industriale, azzerandone la crescita nei prossimi 50 anni. In che modo? Adottando almeno sette diverse strategie, ciascuna delle quali vale una Gigatonnellata di carbonio ogni anno, per arrivare alla riduzione di 7 Gtc annue nel 2054.
Il nucleare è uno dei tanti esempi: per contare come fetta nella teoria di Pacala e Socolow, la capacità delle centrali a livello mondiale dovrebbe raddoppiare nei prossimi 50 anni (+ 700 GW). Per quanto riguarda l’eolico, bisognerebbe salire a 2000 GW, moltiplicando per quaranta le attuali installazioni. Consonni ha ricordato che ogni wedge costerebbe dai 75 ai 180 miliardi di dollari: cifre che il sistema economico potrebbe assorbire, considerando che le tecnologie sono già disponibili. La riuscita del piano, quindi, dipenderà dalla reale volontà di destinare queste risorse all’ambiente piuttosto che ad altri interventi.