Start-up innovative: giovani, orientate all’estero e pronte a investire sul lavoro

Continua a crescere il numero di start-up innovative nel nostro Paese: a fine aprile avevano quasi raggiunto le 3.850 unità, circa 650 in più rispetto alla fine del 2014. Operano soprattutto nel settore dei servizi avanzati e sono prevalentemente giovani, orientate verso i mercati esteri e pronte ad investire su lavoro e innovazione. A dirlo sono i dati forniti da Infocamere ed elaborati dal Centro Studi Unioncamere.

Il settore dei servizi avanzati (produzione di software, R&S, servizi Ict, studi di ingegneria e altre attività professionali, scientifiche e tecniche) rappresenta il principale ambito operativo delle start-up innovative: si concentra il 73% delle imprese ma si arriva al 77% complessivo andando a considerare l’insieme dei servizi. A questo fanno seguito il settore manifatturiero (18%) – in cui i comparti collegati all’Ict, ossia la fabbricazione di computer e le altre tecnologie di base, come le strumentazioni elettriche ed elettroniche, costituiscono la fetta più rilevante – e il settore del commercio con il 4% delle imprese iscritte, mentre risulta ancora trascurabile la presenza di start-up innovative nel turismo e nell’agricoltura. Tra i due ulteriori ambiti cui il legislatore ha destinato incentivi ad hoc, ossia l’energia e il sociale, solo le start-up ad alto valore innovativo in campo energetico hanno ottenuto un discreto riscontro, pari al 12% del totale (ovvero 442 unità), mentre quelle a vocazione sociale non riescono ancora a raggiungere la doppia cifra in termini relativi.

Il Nord Ovest rappresenta l’ambito territoriale in cui si concentra il maggior numero di start-up innovative (circa il 31% del totale), con in testa le best performer Lombardia (842), a livello regionale, e Milano (559), a livello provinciale. Le regioni del Nord Est seguono a breve distanza (con un ulteriore 26% del totale), grazie alla seconda posizione, tra le regioni, dell’Emilia Romagna (463), mentre a livello provinciale spiccano Bologna e Modena (rispettivamente in quarta e sesta posizione). Se il Mezzogiorno supera di poco il Centro (rispettivamente, 22% e 21% delle start-up insistenti nel corrispondente territorio), in realtà è il Centro a esprimere, con la regione Lazio (366) e la provincia di Roma (318), la terza regione e la seconda provincia per contributo al fenomeno. La realtà regionale capofila per il Mezzogiorno è la Campania (225), con la provincia di Napoli (114) a occupare la quinta posizione nella rispettiva graduatoria.

In generale, nella gran parte dei casi (poco meno del 90%) le start-up innovative hanno conseguito un fatturato complessivo che non supera i 50 mila euro, e occupano meno di 5 addetti. Per quanto concerne il ruolo della componente giovanile, il 23,7% (delle 3.711 start-up registrate al 31 marzo 2015) presenta una compagine societaria a prevalenza under 35, una quota che risulta di quattro volte superiore rispetto a quella riferita, nel complesso, alle società di capitale giovanili (6,4%).

Dal punto di vista delle dimensioni del mercato di riferimento, è particolarmente interessante sottolineare come quasi un quarto delle start-up per cui è stato possibile raccogliere informazioni abbia come riferimento il mercato internazionale (quota che sfiora un terzo del totale nel caso del manifatturiero) e, all’opposto, solo il 6% un mercato prevalentemente locale.

Per quanto riguarda il percorso di rafforzamento nelle aree strategiche per il raggiungimento degli obiettivi d’impresa, il ricorso a consulenti e a figure esperte nello sviluppo dei prodotti si configura in modo massiccio nelle prime fasi di vita o in seguito all’avvio dell’operatività. Per i tempi successivi, le start-up, invece, ritengono di doversi avvalere prevalentemente di figure che sappiano favorire il raccordo con i mercati, come i marketing e sales manager, ma anche di professionisti in grado di gestire lo sviluppo e l’aggiornamento delle risorse umane, come i training and development manager.

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