Per la prima volta l’Italia, e precisamente Roma, ha ospitato Sparc M7, il microprocessore alla base della rivoluzionaria tecnologia per la sicurezza aziendale in cloud il cui sviluppo viene portato avanti da Oracle.
Il mercato della tecnologia Ict è in rapido cambiamento nel nome di una trasformazione digitale non più rimandabile e il cloud ormai rappresenta una scelta obbligata. Sull’argomento esistono preoccupazioni ben note, dalla sicurezza alla competitività anche nei nuovi scenari applicativi. Per garantire la sicurezza nel passaggio ad una nuova It, Oracle ha abilitato direttamente il cuore in silicio, in modo da trasferire le innovazioni a tutti i livelli superiori.
Sparc M7, software in silicon
Presentato lo scorso novembre in occasione di OpenWorld 2015, Sparc M7 è il nuovo microprocessore a 32 core, dotato di funzionalità in hardware attive nella sicurezza e nell’accesso ai database. Il chip accelera i workload Java, database e di analisi in-memory, rendendo inoltre molto più sicuro l’intero ambiente.
Le innovazioni sono di due tipi, architetturali e funzionali. Architetturalmente parlando il design è molto equilibrato con i suoi 32 core (erano 12 nell’M6), per eseguire fino a 256 thread contemporaneamente, e la cache di terzo livello postata a 64 MB (contro 48).
Il bilanciamento del nuovo design si apprezza anche a livello di sistema. Lo Sparc M7 è il nucleo della nuova serie di sistemi Sparc M7 capaci di scalare da 32 a 512 core, da 256 a 4096 thread e fino a 8 TB di memoria.
“Le nostre soluzioni offrono un rapporto qualità/prezzo assolutamente allineato alle esigenze di mercato”, ha detto Emanuele Ratti, Country Leader Systems di Oracle Italia; “inoltre la competitività scala linearmente al salire delle prestazioni”, mentre spesso nel passato il prezzo saliva esponenzialmente per un aumento lineare di potenza.
Oracle ha inoltre migliorato tutti gli altri aspetti del design rispetto alle generazioni precedenti ottenendo una minore latenza e superiori prestazioni sul singolo thread.
Funzionalmente abbiano nuove unità interne che eseguono direttamente sul chip due tipi di compiti, ovvero Security in Silicon (crittografia e protezione avanzata dalle intrusioni) ed Sql in Silicon.
Security in silicon: accessi e crittografia
Per quanto riguarda la sicurezza va segnalata la Silicon Secured Memory, una nuova gestione dell’accesso alla memoria fisica, che si arricchisce d’un indicatore di permesso: ciascuna applicazione verrà associata al set di memoria al quale intende accedere con un meccanismo di confronto in tempo reale, che eliminerà l’accesso indesiderato.
La protezione Silicon Secured Memory viene sfruttata da Oracle Database 12c per default e può essere attivata facilmente per le applicazioni già esistenti. Oracle sta inoltre rendendo disponibili apposite Api e strumenti di analisi del software per consentire personalizzazioni avanzate.
Inoltre ciascun core integra quindici tecniche crittografiche hardware (Aes, Des, Sha…), che vengono grandemente accelerate sia rispetto alle precedenti versioni dei chip Sparc, sia rispetto alla concorrenza.
Sql in silicon: database e in-memory
Anche l’Sql in Silicon aggiunge a ciascun core nuovi coprocessori che si fanno carico, accelerandole, di funzioni chiave nelle applicazioni database: decompressione in memoria, scansione della memoria, scansione di intervalli, filtri e join assist in hardware riducono l’uso della memoria e migliora fino di dieci volte le prestazioni nelle query dei database. Nella versione corrente di Oracle Database 12c, l’opzione In-Memory supporta completamente questa nuova funzionalità, che sarà prossimamente resa disponibile agli sviluppatori della nuova generazione di analytics per i big data.
Arriva il secure cloud
Parlando di server, i modelli T7 e M7 e i SuperCluster M7 inaugurano una nuova era che coniuga la sicurezza con l’aumento dell’efficienza. Tra l’altro è possibile eseguire contemporaneamente Oltp e real-time analytics.
L’attuale approccio del secure cloud spiazza tutti i sistemi di attacco ai dati oggi in attività nel mondo hacker, e “anche se in futuro dovessero essere sviluppati attacchi funzionanti, la complessità dell’approccio limiterà il numero di successi e renderà più semplice identificare la via di attacco”, ha spiegato Renato Ribeiro, direttore dei server Sparc. Certo il passaggio al cloud richiederà ancora un decennio, ritiene Oracle, “e in questa fase i mondi cloud e on premise dovranno coesistere in totale sicurezza e senza soluzione di continuità, un compito per il quale l’offerta Oracle è pronta”.