Il quantum computing è oggi una realtà disponibile gratuitamente online.
Ibm ha reso infatti disponibile un sistema articolato su cinque qubit (qu-bit, quantum bit), nella Ibm Quantum Experience.
Il pensiero di Richard Feynman, il fisico che meglio comprese i limiti della visione classica di Newton, teorizzando la fisica quantistica, auspicò nel 1981 l’avvento di elaboratori non basati sugli innaturali 0 e 1 ma su forme più realistiche di elaborazione, che oltre a risposte certe prevedono anche un’ampia fascia d’incertezza.
Si parla di quantum computing o di informatica quantistica quando per eseguire le classiche operazioni sui dati si sfruttano i fenomeni tipici della meccanica quantistica, come sovrapposizione degli effetti, vale a dire il primo principio della meccanica quantistica, ed entanglement o correlazione.
Cinque qubit non erogano una potenza particolarmente elevata, ma le cose cambiano rapidamente, visto che il più potente supercomputer oggi disponibile, per compiti nei quali il quantum computing è adatto, verrebbe eclissato da una configurazione tra i 50 e i 100 qubit.
Livello di integrazione e generalizzazione dei compiti sono gli obiettivi di crescita di questi sistemi, che sono ormai una realtà. Si lavora per sviluppare un quantum computer universale, potente indipendente dai compiti.
Oggi parliamo di piastrine grandi quanto chip classici, ma al momento inserite in più agevoli schede, che vanno raffreddate a 15 mK, una temperatura più fredda dello spazio esterno. La realizzazione di Ibm è su giunture Josephson superconduttrici, disposte in una matrice 2×2 (Google li dispone in linea).
Il “chip” di Ibm del quale si è parlato finora consisteva di 4 qubit, mentre il sistema in cloud ne alloggia uno in più, per un comportamento ovviamente meno determinato.
Tenere in esercizio questa struttura richiede oggi una costosa tecnologia e spazi molto ampi, per cui non si parla di oggetti da mettere in tasca. Inoltre l’equilibrio dei qubit è instabile, quindi genera errori la cui scoperta è complessa: anche in questo settore si avanza alacremente.
Particolari algoritmi saranno disponibili direttamente in cloud, affiancando quelli standard per soluzioni particolari, al momento identificabili nel dominio chimico-biologico, ma anche nella ricerca su database.
Alla ricerca del talento futuro?
Il dispositivo attualmente accessibile come strumento della piattaforma BlueMix è essenzialmente dimostrativo. Permette di risolvere alcuni compiti particolari, ma molto semplice, usando il formalismo necessario, molto diverso dalla gestione degli algoritmi classici.
Questa operazione ha molti diversi aspetti. Innanzitutto da un impulso promozionale a BlueMix e al cloud Ibm: la notizia c’è, e arriva prima di analoghe mosse di competitor (Google è già lì). Poi inizia a rendere visibili tecniche e tool necessari per la programmazione quantistica, facendo crescere una comunità di nuovi programmatori. Infine cerca di identificare subito eventuali talenti che si affaccino, o già conoscano, un modo diverso di fare programmazione.
[…] quantistici nel maggio 2016, attraverso il servizio cloud Ibm Q Experience. Ne abbiamo parlato qui e […]
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