La diffusione di tecniche nanotecnologiche con la stampa tradizionale potrebbe rivoluzionare il mondo che conosciamo. Con il carbonio si realizzano le plastiche, che tramite diluenti possono essere sciolte e diventano inchiostri, con i quali stampare circuiti.
Il supporto di stampa può essere molto sottile, come un sostrato plastico di spessore da 1/100 di capello.
Di tecniche nanotecnologiche hanno parlato, in apertura di Technology Hub, Giorgio Dell’Erba, Young Innovator under 35 del Mit, e Antonio Iacchetti, che si occupa di Ribes Tech, la startup di fotovoltaico pieghevole dell’Iit.
Questi materiali sono ampiamente modificabili e trattabili per non inquinare fin dai processi produttivi.
Nella produzione con queste plastiche quasi tutti parlano di display, mentre gli esperti dell’Iit pensano al cervello.
Altri hanno sviluppato batterie a loro volta stampabili: con lo stesso foglio possiamo quindi stampare display, circuiti di elaborazione, batterie ed attuatori.
Non è solo all’IIT che si stampa elettronica, ma c’è una differenza.
Gli altri nel mondo stanno usando lo stesso approccio chiuso della microelettronica digitale, chiusa e accessibile solo con grandi cifre.
La proposta di IIT è aperta anche alle Pmi: un repository strutturato con celle ottimizzate per librerie (circuiti, sensori o attuatori) sui quali sviluppare un progetto finalizzato.
Una macchina di stampa industriale per questi progetti costa circa 2 milioni di euro.
Qualsiasi superficie può essere sfruttata per produrre energia o elaborazione: pareti e vestiti vanno benissimo, ma si può fare di più. L’efficienza di queste celle, che outdoor è 1/3 di quelle tradizionali, è pari a quelle standard per la luce artificiale, quindi indoor.