Nell’ambito della strategia per il mercato unico digitale, nel maggio 2015 la Commissione europea ha avviato un’indagine settoriale sull’e-commerce. Ora è stata elaborata una relazione preliminare relativa a tale indagine. Risultato: nell’Ue si conferma la rapida crescita del commercio elettronico ma esistono alcune pratiche commerciali che rischiano di incidere sulla concorrenza e limitare le scelte dei consumatori.
Entrando più nel dettaglio, nel 2015 oltre la metà dei cittadini adulti dell’Ue ha ordinato beni o servizi online e in alcuni Stati membri il numero supera l’80%. Ampliando le scelte dei consumatori e la capacità di trovare le offerte migliori, l’e-commerce è un importante stimolo alla trasparenza e alla concorrenza sui prezzi. La trasparenza vale anche sul versante dell’offerta: la relazione rileva, ad esempio, che oltre la metà dei venditori al dettaglio segue i prezzi dei concorrenti e la grande maggioranza reagisce alle variazioni di prezzo.
Secondo l’indagine, i produttori si sono adeguati alla crescita del commercio elettronico adottando una serie di pratiche per controllare meglio la distribuzione dei propri prodotti e il posizionamento dei marchi. Si è diffuso il ricorso a sistemi di distribuzione selettiva, in cui i prodotti possono essere venduti soltanto da rivenditori autorizzati preselezionati e sempre più spesso i produttori vendono i loro prodotti direttamente ai consumatori online. Inoltre, i produttori applicano restrizioni contrattuali delle vendite nei loro accordi di distribuzione.
Riguardo ai venditori al dettaglio, la relazione ha constato che oltre il 40% riceve dai produttori una qualche forma di raccomandazione o di restrizione sui prezzi; circa il 20% è soggetto a restrizioni contrattuali per la vendita sulle piazze online; circa il 10% è soggetto a restrizioni contrattuali per l’offerta di siti di comparazione dei prezzi e oltre uno su dieci riferisce che i suoi fornitori impongono restrizioni contrattuali alle vendite transfrontaliere.
Generalmente, questi tipi di restrizioni possono, in determinate circostanze, ostacolare gli acquisti transfrontalieri e gli acquisti online e quindi danneggiare i consumatori, impedendo loro di beneficiare di una scelta più ampia e di prezzi più bassi nell’e-commerce.
E-commerce e contenuti digitali
La disponibilità di licenze da parte dei detentori di diritti d’autore sui contenuti è essenziale per i fornitori di contenuti digitali e rappresenta un fattore determinante per la concorrenza sul mercato.
La relazione rileva che gli accordi di licenza sui diritti d’autore sono complessi e spesso esclusivi. Tali accordi stabiliscono quali territori, tecnologie e finestre di distribuzione possono utilizzare i fornitori di contenuto digitale.
Nel marzo 2016 la Commissione ha pubblicato i primi risultati sulla questione del geoblocco, pratica che impedisce ai consumatori di acquistare beni di consumo e di accedere a contenuti digitali online nell’Unione europea e che è risultata ampiamente diffusa nel commercio elettronico in tutta l’Unione, dove oltre il 60% degli accordi di licenza presentati da titolari di diritti è limitato al territorio di un unico Stato membro. Quasi il 60% dei fornitori di contenuti digitali che hanno partecipato all’indagine ha convenuto contrattualmente con i titolari dei diritti di applicare il geoblocco.
Se è il risultato di accordi tra fornitori e distributori, il geoblocco può limitare la concorrenza nel mercato unico in violazione delle norme antitrust dell’Ue. Per adottare provvedimenti in ambito di concorrenza nei confronti del geoblocco, occorre effettuare una valutazione caso per caso, che comprenda anche un’analisi delle possibili giustificazioni delle restrizioni individuate.
L’indagine settoriale della Commissione europea ha coinvolto circa 1800 imprese che effettuano il commercio elettronico di beni di consumo e di contenuti digitali e ha portato all’esame di circa 8.000 contratti di distribuzione. La Commissione prevede di pubblicare la relazione finale nel primo trimestre del 2017.