Teradata ha definito un nuovo modello di licenza per il suo Teradata Database, abbandonando la classica licenza “perpetua” e passando a un modello che è completamente a consumo, basato in particolare sul carico di lavoro dei processori che eseguono il database.
In questo modo la licenza è slegata dalla forma di implementazione del database e può quindi applicarsi alle classichi installazione on-premise, a quelle su cloud pubblico (AWS, in futuro Microsoft Azure) e alla strada intermedia del cloud ibrido. Un modello molto innovativo, secondo la software house, tanto da definirlo come il primo del genere sul mercato.
Il vantaggio principale del nuovo modello di licenza sta nell’elasticità delle implementazioni di Teradata Database nel tempo. Un’azienda ad esempio può installarlo inizialmente on-premise per poi migrare progressivamente al cloud secondo le proprie esigenze e il proprio “ritmo” di evoluzione.
Nulla cambia in quanto a licenze – quelle che si sono acquistate sono utilizzabili in maniera trasparente – e nemmeno in quanto a gestione: il sistema di management del database resta il medesimo.
Quattro livelli di licenza
Non siamo ancora arrivati però alla licenza “universale” e nemmeno sarebbe possibile, dato che gli utenti di Teradata Database sono potenzialmente molto diversi. Teradata prevede quattro livelli di licenza.
La Developer è gratuita e prevede come implementazioni il public cloud di AWS e on-premise la virtualizzazione via VMware. La licenza Base prevede tutte le opzioni cloud (pubblico e IntelliCloud di Teradata) e l’installazione on-premise non solo virtualizzata ma anche con sistemi IntalliBase. Le versioni Advanced ed Enterprise aggiungono il supporto ai sistemi on-premise IntelliFlex. Le varie licenze si distinguono poi per le funzioni database supportate, con la Enterprise che è ovviamente la più completa.
Tutte le implementazioni prevedono un pagamento a consumo calcolato sulla metrica dei TCore, ossia una combinazione del classico numero di core con la capacità di I/O dei processori che eseguono Teradata Database. In pratica, il costo dell’esecuzione è proporzionale al carico effettivo dei core e non solo al fatto che essi siano presenti e allocati al database.
Un vero industry first?
Secondo Teradata il nuovo modello di licenza è un “industry first”. Le altre software house cioè non garantirebbero la stessa elasticità di migrazione e anzi i provider di cloud ibrido avrebbero offerto sinora “modelli di licenza complessi e inconsistenti… che rendono difficile per i clienti scegliere una soluzione che soddisfi tutte le loro esigenze”.
Fare paragoni diretti non è mai così semplice, certo il nuovo modello di Teradata Database ha il merito di apparire più chiaro della media: quattro licenze per vari livelli di applicazioni e un indicatore di consumo ben definito.
Licenza: il confronto con Oracle
Considerata la fascia di prodotti in cui si colloca Teradata Database il paragone più diretto è con Oracle Database e qui le cose si fanno più complesse.
Il modello di licenza più simile è quello definito Processor, che si basa sul numero di core moltiplicato per un fattore variabile e poi arrotondato all’interno più vicino.
Nel caso delle installazioni on-premise quindi la spesa non è lineare per carico di lavoro.
Quando il database è eseguito in cloud non c’è una corrispondenza diretta tra CPU virtuali e CPU “licenziate” (dipende de l’HyperThreading è attivo) e quindi i calcoli cambiano, ma il rapporto carico/costo resta non lineare.
Ma, come abbiamo detto, fare paragoni diretti e astratti non è semplice. L’impressione è che mediamente la distinzione tra on-premise e cloud stia scomparendo, ma che nel calcolo del consumo delle risorse le metriche siano sempre sin troppo “articolate”.