Buona parte delle reti wireless aziendali operano su due frequenze: 2,4 e 5 GHz. Router wireless e access point possono farlo senza problemi, il punto è che nella maggior parte dei casi la rete a 2,4 GHz viene mantenuta attiva solo per supportare il collegamento di dispositivi che non gestiscono i protocolli WiFi più moderni. E le prestazioni di tutta le rete ne soffrono.
È una convivenza tra bande wireless diverse che i sostenitori del WiFi molto probabilmente non si aspettavano ma che è destinata a durare ancora parecchio. Le tecnologie WiFi hanno operato esclusivamente nella banda dei 2,4 GHz fino alla fine del 2009, momento di debutto per il protocollo 802.11n: è con questa versione del wireless che si è “saliti” a 5 GHz (a voler essere precisi, in precedenza anche la versione “a” del protocollo sopportava questa banda ma di fatto è stata poco diffusa e poco usata).
Sin dalla fine del 2009, quindi, molti osservatori di mercato e produttori hardware hanno cominciato a dire che le vecchia frequenza sarebbe stata solo un necessario ma spiacevole ricordo. E invece.
Sono passati oltre sette anni e la convivenza tra WiFi a 2,4 e 5 GHz resta, anche se i nuovi protocolli e le innovazioni in campo wireless si registrano solo nella banda superiore, che garantisce prestazioni superiori e meno interferenza fra device. Ragione per cui ad esempio i protocolli più recenti, come 802.11ac, considerano solo le trasmissioni a 5 GHz. E le evoluzioni di 802.11 vanno ancora oltre.
L’inevitabilità (o quasi) dei 2,4 GHz
Il punto è che ci sono ancora troppi dispositivi che supportano solo le comunicazioni a 2,4 GHz, di solito secondo la versione “b” del WiFi. Non si tratta solo di device datati, anche molti computer portatili a basso costo adottano solo 802.11b e lo stesso fanno una pletora di dispositivi embedded ad esempio in campo medicale o industriale.
E se i produttori di informatica potrebbero essere motivati a far evolvere i loro prodotti, nel mondo embedded la sostituzione delle tecnologie è molto più complessa. Alcuni prodotti banalmente non sono stati proprio progettati per essere aggiornati, altri comunque non potrebbero esserlo perché sono stati certificati dalle autorità nella loro configurazione attuale.
Il problema delle comunicazioni nella banda dei 2,4 GHz è che questa è troppo affollata. I protocolli che la considerano (802.11 b, g e n) assegnano alle comunicazioni uno spettro più stretto dei protocolli a 5 GHz e questo rende assai probabile che un dispositivo finisca per trasmettere sullo stesso canale di un altro, disturbandosi a vicenda. Inoltre la banda del 2,4 GHz non è licenziata e vi trasmettono molti dispositivi che con il WiFi non c’entrano nulla (vecchi cordless, telecomandi, trasmettitori Bluetooth e molto altro). E l’interferenza non fa che crescere.
Aggirare il problema
La soluzione del problema della convivenza fra bande diverse sarebbe semplicemente abbandonare i dispositivi che comunicano solo sui 2,4 GHz. In questo modo si potrebbero configurare i propri router e access point per usare solo la banda migliore dei 5 GHz e le prestazioni di tutta l’infrastruttura wireless ne guadagnerebbero.
All’atto pratico questo non è sempre possibile, però dovrebbe esserlo almeno abbandonare il supporto dei protocolli più datati (802.11 b e g) lasciando solo ai device 802.11n la possibilità di usare la banda inferiore (è anche un protocollo efficiente a quelle frequenze).
Non dovrebbe davvero essere un grande ostacolo, almeno nelle reti più comuni: i dispositivi “b” sono davvero datati o sconsigliabili, mentre 802.11g tutto sommato non è stato poi così diffuso.
Altra mossa da fare in una rete aziendale è comunque lasciare “accesa” la parte radio a 2,4 GHz di una minoranza di access point, solo quelli indispensabili per garantire copertura anche ai (pochi, si spera) device lenti. In questo modo si riduce l’interferenza nella banda dei 2,4 Ghz (ci sono meno elementi attivi a quella frequenza) e il funzionamento della rete a 5 GHz è migliore.