Cosa ha a che fare il design con i modelli di sviluppo dell’IT? Poco o nulla nella concezione tradizionale, molto se ragioniamo in ottica di digital transformation e quindi della necessità di sviluppare, grazie all’IT e alle nuove tecnologie, prodotti e servizi innovativi.
In questo senso si stanno diffondendo anche nelle imprese “classiche” i principi del design thinking, termine che storicamente identifica l’approccio al processo creativo in campi come il design e l’architettura.
Nelle fasi di problem solving e di studio di nuovi prodotti/servizi il design thinking si contrappone al tradizionale approccio analitico per diversi punti chiave.
Ha una maggiore destrutturazione, non è sequenziale e parte dal presupposto di comprendere creativamente i contributi di tutte le parti interessate a (e da) ciò che si sta creando.
Questa maggiore “empatia” verso le esigenze dei vari stakeholder (business manager, utenti finali…) è trasversale.
Favorisce visioni nuove nella fase di studio, attraverso vere e proprie sessioni di brainstorming in cui si ipotizzano soluzioni o novità anche “improbabili” ma che vale la pena testare.
Da questo punto di vista è molto importante il fatto che design thinking spinge verso un modello di sviluppo iterativo che favorisce la sperimentazione e la progressiva innovazione.
Il concetto di fondo è che sia preferibile sviluppare e applicare nuove idee, magari alla fine anche senza successo, piuttosto che non innovare per avere una maggiore probabilità di successo nello sviluppo.
Una visione che difficilmente prenderebbe piede senza la diffusione dei modelli di sviluppo rapido, che permettono di testare novità per poi eventualmente abbandonare le strade che si rilevano poco soddisfacenti.
Per queste sue caratteristiche il design thinking si adatta bene al profilo attuale degli utenti finali, abituati a vedere innovazioni progressive in qualsiasi campo e con aspettative elevate sui livelli di performance e sulla usabilità delle soluzioni che scelgono.
Dal punto di vista interno all’azienda è però una rivoluzione culturale non da poco che può incontrare diversi ostacoli, specie nelle realtà dove lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi è una attività particolarmente strutturata e gerarchizzata.
Un approccio strategico
Come qualsiasi evoluzione-rivoluzione culturale, il design thinking non può partire dal basso – anche se ormai moltissimi CIO ritengono che rappresenti la strada giusta sia per arrivare a prodotti e servizi più efficaci – ma deve essere una iniziativa strategica.
Questo perché i problemi che può incontrare sono perlopiù organizzativi e di approccio. La collaborazione con tutte le parti interessate a un nuovo prodotto/servizio non è scontata e sempre facile da recepire, come non lo è l’empatia verso utenti che non si conoscono completamente e non sono tutti uguali.
Non tutte le imprese sono poi pronte a recepire immediatamente un modello di sviluppo che non va linearmente dal problema (in senso lato) alla soluzione e che invece prevede un flusso continuo di miglioramenti ed estensioni.
Questo in sé è un fatto positivo, ma ciascuna novità ha poi una certa probabilità di non funzionare come previsto e anche il management deve accettare che i piccoli “fallimenti” siano un elemento complessivamente di sviluppo.