Il food delivery si sta facendo spazio anche in Italia. Business aggiuntivo per i ristoranti, vede oggi nascere anche locali senza coperti con una cucina che si dedica solo alla preparazione di pasti che saranno poi consegnati a domicilio.
Anche le piattaforme si stanno evolvendo e se prima erano il luogo dove ordinare online adesso stanno accentuando la loro attività di consulenza nei confronti dei ristoranti con l’utilizzo dei big data.
I big data food di Deliveroo
Deliveroo, per esempio, ha presentato di recente ha presentato anche in Italia Editions, la piattaforma che si fonda sui big data del food, frutto degli ordini dei clienti e sull’analisi della domanda. In questo modo la piattaforma è in grado di individuare le lacune del mercato della ristorazione identificando le cucine mancanti in una determinata area, prevedendo la domanda dei clienti e selezionando i ristoranti che possono avere successo attraverso un nuovo concept per la consegna a domicilio.
Per mettere a punto il progetto Deliveroo ha coinvolto nove ristoranti a Milano, Torino e Roma. In Italia Editions si presenta in tre diverse modalità: permette di creare un’offerta specifica per i ristoranti affermati che non hanno mai fatto servizio di delivery; propone un’offerta di cibi totalmente nuova per i clienti italiani prendendo spunto da altri mercati; consente ai ristoranti partner di lanciare brand e selezioni completamente nuovi, solo per la consegna via Deliveroo.
A livello globale Deliveroo Editions assume diverse forme, la più famosa delle quali è quella sviluppata con le Cucine Editions pensate solo per il food delivery, che creano veri e propri spazi di coworking per gli chef. In questo senso è fondamentale il ruolo di Deliveroo che grazie alla mole di big data è in grado di consigliare la linea di cucina più adatta. “L’idea – spiega Matteo Sarzana, responsabile della filiale italiana – è di contattare i ristoranti che già lavorano per suggerire che in qualche zona c’è una domanda che rimane non soddisfatta”.
Così gli vengono messi a disposizione spazio e attrezzature per aprire una cucina che lavora solo per la consegna a domicilio. In questo modo Lievità, una pizzeria milanese, ha aperto a Londra dove i costi del real estate sono molto alti. “Il lavoro più grande è nella parte di back end – aggiunge Sarzana -. Con i dati a disposizione cerchiamo di migliorare la performance dei ristoranti visto che sappiamo anche quanto ci mettono a lavorare un piatto e analizziamo i gusti dei clienti. La possibile evoluzione va in direzione dell’utilizzo più proattivo del dato consigliando anche altri piatti rispetto a quelli ordinati di solito. Il dato in sé è la chiave e deve essere costruttivo per il cliente”. Altri dati Deliveroo li utilizza per favorire il lavoro dei raider disegnando gli itinerari migliori per avere consegne più efficineti o informandoli dei tempi di preparazione dei piatti del ristorante.
La dashboard di Just eat
Anche Just eat fa ricorso ai big data che gli permettono di consocere i consumi per sesso, età ma anche categorie professionali. Così si scopre che impiegati (40%) e studenti (34%) ordinano con più frequenza, mentre i liberi professionisti (14%) amano variare le cucine e sperimentare nuovi piatti. Negli ultimi anni la società ha investito molto per migliorare la sua capacità di analisi che prevede l’impiego dell’intelligenza artificiale per l’analisi delle recensioni dei clienti. Il ristoratore ha a disposizione una dashboard che riassume i dati che possono essere analizzati anche con l’aiuto di un consulente di Just eat.
Il compito della società è di raccogliere i dati, analizzarli e metterli a disposizione nella maniera più fruibile ai ristoratori suggerendo miglioramenti nel menu e indicandogli possibilità di business come l’ampliamento delle zone di consegna perché in uno zona limitrofa c’è una forte domanda di un certio tipo di piatti. L’obiettivo è di arrivare ad affinare sempre di più l’analisi zona per zona delle città per offfrire più possibilità di business ai ristoranti.