A cinque anni dal lancio della politica nazionale per le startup innovative, e a due dal varo dell’analoga iniziativa in favore delle Pmi innovative, il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha presentato la Relazione Annuale al Parlamento sullo Startup Act italiano.
L’impatto prodotto sull’ecosistema italiano dell’innovazione si riassume in una serie di dati che indicano come le realtà innovative che beneficiano della policy dedicata sono quasi 8.000 (7.398 startup, 565 Pmi): quasi il doppio rispetto a due anni fa, e 1.800 in più rispetto al 30 giugno dello scorso anno.
La media mensile delle nuove iscrizioni nella sezione speciale del Registro delle Imprese è passata da 161 nel 2015 a 183 nel 2016, per raggiungere quota 253 nei primi sei mesi del 2017.
Le startup di Milano, Ascoli e Trieste
A Milano sono localizzate 1.028 startup innovative, il 60% di quelle della Lombardia e il 14% di tutte le startup italiane, ma la più elevata incidenza sul totale delle imprese attive si registra nelle province di Ascoli Piceno e Trieste.
Interessante il dato relativo al tasso di sopravvivenza che è molto elevato. A oggi soltanto il 6% delle startup innovative costituite nel 2014 e il 10% di quelle iscritte prima del 2013 ha cessato la propria attività, inoltre la forza lavoro complessiva è pari a 46.107 persone tra soci e dipendenti, cui andrebbero aggiunti i lavoratori parasubordinati e con partita Iva. Il 21,5% delle startup ha in maggioranza soci under-35, percentuale più che tripla rispetto alle altre società di capitali (6,7%).
Nel 2016 startup e Pmi hanno espresso complessivamente un fatturato superiore ai due miliardi di euro con quattro Pmi su dieci che hanno superato un milione di euro.
27 imprese già startup innovative hanno invece superato la soglia massima dei 5 milioni di fatturato, esprimendo un valore della produzione aggregato pari a 230 milioni di euro.
Il fatturato delle startup cresce
Le quasi 2.900 startup innovative per le quali sono disponibili i bilanci per il 2015 e il 2016 fanno registrare una crescita del fatturato complessivo pari all’81,3%; il fatturato medio per startup innovativa è cresciuto in media di quasi 100mila euro in un anno, passando da 115mila euro a 208mila euro e le startup innovative beneficiarie della policy a partire dal 2015 hanno in media raddoppiato il loro fatturato nel 2016, quelle iscritte dal 2013 e dal 2014 lo hanno in media triplicato.
Grazie all’intervento del Fondo di Garanzia per le Pmi è stato erogato credito bancario per 477 milioni di euro in favore delle startup e per quasi 26 milioni verso le Pmi, mentre nel 2015 gli investimenti in equity agevolati dagli incentivi fiscali hanno toccato quota 83 milioni di euro, per un aumento del 64% rispetto al 2014.
Le aziende che hanno fatto ricorso all’equity crowdfunding hanno raccolto in tutto 12,5 milioni di euro in 109 campagne, più della metà delle quali (59) è stata avviata negli ultimi 12 mesi.
Tutto bene dunque? Fino aun certo punto. Con la consueta franchezza Carlo Calenda ha voluto sottolineare un tasto dolente. “C’è un tema su cui è richiesto un ulteriore sforzo: finanziare lo sviluppo di queste realtà imprenditoriali attraverso il venture capital che, seppur in crescita tendenziale, appare ancora modesto rispetto ai risultati raggiunti da altre economie europee”, ha sostenuto il ministro.
Secondo l’European venture capital report 2016, dai 98 milioni di euro di raccolta registratisi in Italia nel 2015 si è passati a 162 milioni nel 2016. Nello stesso anno, però, in Spagna il mercato ha raggiunto i 611 milioni di euro, in Germania si è attestato intorno ai 2 miliardi e in Francia ha superato i 2,7 miliardi di euro. E il ritardo italiano tende ad accentuarsi.