Vodafone è stato il primo provider italiano ad aprire la rete 5G in quattro città, lo scorso 16 giugno. A breve arriveranno gli altri e il segnale è chiaro: l’Italia è entrata nell’era del 5G, perlomeno dal punto di vista dell’offerta di rete.
Ci siamo, dunque: assisteremo a un crescendo di annunci, dichiarazioni, proposte, considerazioni, analisi in corso d’opera, primi disservizi, iniziative di settore.
In tal senso è già il momento di fare un punto sullo stato della rete con chi la rete, in senso esteso, in Italia ha contribuito a costruirla: stiamo parlando di Joy Marino, presidente di Mix società che gestisce e coordina le modalità di peering tra la maggior parte degli Internet Service Provider che operano in Italia.
In un’intervista Marino si è espresso con noi su tutto il 5G, tranne che sul valore delle sperimentazioni. “No comment”, ci ha detto alla richiesta di una valutazione dei progetti pilota fatti in Italia. Per il resto abbiamo affrontato i temi del backhaul, o di quel che ne sarà, della latenza, dell’edge e delle Pmi, della security e della salute.
Che impatto avrà il 5G sulle reti di backhaul?
Significativo, senza dubbio. Sarà soprattutto in termini di capillarità più che di potenziamento della banda trasmissiva. Con un po’ di fantasia posso immaginare che a tendere ci sarà una terminazione in fibra (1 Gbps) per una postazione 5G ogni 4-5 porte di accesso in fibra di utenza fissa, con la medesima distribuzione geografica. Questo significa rivedere la definizione stessa di che cosa intendiamo per backhaul.
Latenza e cloud: quanto edge avremo e con quale curva di crescita nel medio periodo?
Avremo sempre più edge, così va il mondo delle reti. Dobbiamo renderci conto che le cache di contenuti, così come le appliance per distribuire in multicasting, sono ormai elementi indispensabili dell’infrastruttura delle reti, non sono più semplici componenti dell’infrastruttura informatica del Cloud Computing. Il prossimo passo sarà la virtualizzazione di queste appliance secondo modalità NFV (Network Function Virtualization); è un cambio di paradigma – e magari anche dei rapporti di forza – tra Content Provider e operatori di accesso.
Questione sicurezza: con il 5G aumentano i fronti di attacco? Come se ne esce? Con quale strategia?
Per l’utente finale non cambia molto: i rischi sono proporzionali al numero di dispositivi e di app che si usano, e soprattutto alla loro “opacità” nell’utilizzo. Non mi stancherò mai di ripetere che la sicurezza è una faccenda “end-to-end”, non si può e non si deve fare affidamento in chi fa mero trasporto di bit. Per gli operatori valgono altre considerazioni, perché la guerra (fredda) tra US e Cina può provocare qualche vittima, magari colpita proprio dal “fuoco amico”.
Quanto sta pesando il traffico video mobile adesso e quanto peserà con il 5G?
C’è una generale tendenza all’aumento del consumo di media on-line, misurato in numero di minuti di fruizione per settimana. Tradotto: usiamo sempre di più lo smartphone per informarci e intrattenerci. Qualche limite fisico mi pare che ci sia: in 24 ore ci sono altre attività imprescindibili e “non comprimibili”, la risoluzione della retina umana non ci permetterà mai di apprezzare un video 4k su uno schermo di pochi pollici, e così via. Forse sono uno all’antica, ma continuo a credere che il traffico che viaggia su rete mobile non raggiungerà mai i volumi veicolati dalla rete fissa (comprensiva di WiFi e simili).
Affrontiamo il tema salute. In Svizzera si sta formando un movimento d’opinione ortodosso, che chiede un vero fact checking sui rischi del 5G. Noi italiani abbiamo un atteggiamento più morbido. Il problema può sussistere?
Misurare i rischi è un mestiere difficile, molto difficile, come tutti quelli che hanno a che fare con il calcolo delle probabilità. Trovo che sia molto facile usare il “principio di precauzione” (espresso come: “finché qualcuno non dimostra che è assolutamente innocuo, è assolutamente vietato fare X”) come fosse una clava. Se l’avessimo sempre applicato forse i Romani non avrebbero mai usato smalti al piombo nelle stoviglie, però vivremmo ancora nelle caverne.
Raccogliere dati epidemiologici su larga scala è difficile, ma non è molto di più di di quello che fanno i tanti data miner che macinano le nostre identità e calpestano la nostra privacy giorno per giorno. Sicuramente mi fido di più della scienza che del pensiero empirico; come quello che, per fare un esempio, chiedeva di spegnere il WiFi nelle scuole, senza farsi nessun problema dell’uso degli smartphone da parte dei nostri pargoli. Tanto per capirsi: WiFi = 100 mW sull’area di una scuola, GSM/3G/4G in trasmissione = qualche W vicino al cervello. 5G sarà omnipervasivo, ma le potenze in circolo saranno molto più prossime a quelle del WiFi che a quelle delle reti cellulari precedenti.
Pragmaticamente la tipica Pmi del manifatturiero italiano cosa si deve attendere dal 5G? Forse un nuovo round di investimenti in infrastrutture di rete?
Ci saranno sicuramente forme di pressione psicologica da parte degli operatori e dei fornitori di tecnologia ad adottare il 5G, ma non credo che sarà strettamente necessario rincorrere la tecnologia e investire in anticipo. Se c’è una cosa che Internet ha reso sovrana in questo mondo complesso è l’interoperabilità: sia tra operatori che tra applicazioni e dispositivi, sia, in questo caso, con tra il passato recente e il futuro prossimo. Non c’è nessun obbligo di rincorrere l’ultimissima tecnologia, almeno finché la copertura territoriale del 5G non sarà preponderante. Se mi è permesso un paragone, l’utente di tecnologia, che sia una PMI o una famiglia, non deve preoccuparsi tanto di quando la nuova tecnologia (FTTH, 5G) inizierà ad essere disponibile, quanto di quando la vecchia tecnologia (rame, 3G) non lo sarà più. Anche a livello di iniziative politiche e regolamentari sarà lo “switch-off” a comandare.
Quindi, l’Italia è pronta al 5G?
Lato offerta penso proprio di sì: i maggiori operatori hanno fatto le loro sperimentazioni e hanno piani di investimento ben strutturati. Stanno scaldando i motori. Lato domanda credo che si siano ancora un po’ di incognite. Il ciclo con cui invecchiano e vengono sostituiti gli smartphone è sempre veloce, ma la mancanza di crescita economica può avere il suo peso, almeno nel breve periodo. In più, al di là del grande battage di comunicazione, se ci sarà qualche killer application specifica del 5G lo scopriremo solo ex-post.