Può l’intelligenza artificiale cambiare il modo di lavorare delle aziende, o piuttosto, deve farlo? Entrambe le cose, verrebbe da dire dopo esserci confrontati con Roberto Chinelli, Avanade Data&AI Lead Italia di Avanade.
Con una forma mentis da CTO (in passato lo ha fatto per Avanade), Chinelli è sempre attento ad ascoltare il mercato, anticipando tendenze tecnologiche e declinandole in implementazioni che sanno, al tempo stesso, di avanguardia e di modello di business da seguire.
In tema di intelligenza artificiale, va ricordato, Avanade (joint venture di Accenture e Microsoft) segue il modello della Data Platform di Microsoft. Da parte sua, in qualità di system integrator, vi aggiunge intelligent automation, ossia tutto quello che apre alla robotizzazione del flusso di lavoro.
«Per noi si tratta di fare automazione del posto di lavoro e dei processi di back office», ci spiega Chinelli. Con uso dei chatbot? Certo, ma non solo: «Spingendosi oltre, si tratta di fare anche soluzioni industriali intelligenti».
Prima di partire con un progetto, però, è necessario stabilire i principi che devono governare un’attività di system integration basata su intelligenza artificiale. Deve essere human centric, ossia eticamente corretta, con bisogni chiari da soddisfare, semplice da usare e non divisiva, sicura, rispettosa della privacy e inclusiva.
Deve essere, va da sé, intelligente, che in questo frangente significa personalizzata, capace di adattarsi con autoapprendimento, scalabile, focalizzata sui risultati, capace di sentire, leggere e toccare quel che accade. Infine, deve essere automatizzata nel modo corretto, per semplificare la complessità, lavorare su grande scala, affidabile, intuitiva, utilizzabile e, cosa di non poco conto, migliorare la vita.
Lavoro e intelligenza artificiale: gli esempi
Il processo che si segue per avvalersi di intelligenza artificiale è quello del design thinking. Si parte dalla conoscenza dell’organizzazione, con l’interazione fra la consulenza Avanade e l’azienda cliente. Una mappatura di processi e di interazioni visualizzate in modo da trovare l’esperienza ottimale apre allo sviluppo di interfacce utente e dell’ingegnerizzazione dei processi. La digitalizzazione che ne consegue implementa un approccio multidisciplicare e interattivo.
Ma il modo migliore per comprendere il portato della trasformazione del modo di lavorare delle aziende che produce l’applicazione dell’intelligenza artificiale è quello di avvalersi degli esempi che ci fornisce Chinelli.
Risorse umane valutate pariteticamente
Come quello del progetto HR Buddy, un chatbot nato per supportare la gestione delle risorse umane della stessa Avanade nelle attività di recruitment. Si tratta di un algoritmo di matching che prende i curricula di Avanadee li confronta con quelli esistenti esternamente sul mercato sulla base delle capacità e gli skill rilevati, quindi non si sofferma sui titoli. In pratica trova gli alias che realmente esistono per le posizioni che interessano ad Avanade.
Il chatbot trova le persone con un’attività di Robot process automation su LinkedIn e Monster per i curricula, mentre un motore machine learning interno si occupa di fare il ranking.
Da notare che inizialmente era un’interfaccia web, ora è un chatbot fruibile tramite web app.
«Risponde alle esigenze delle HR – spiega Chinelli – ma crea anche una workforce enhanced, che deve scalare e poter anche arrivare al planning dell’incontro. In questo modo le HR risparmiano il 25 percento del tempo loro necessario, innalza la qualità del processo di analisi, evita il tipico e nocivo affaticamento dell’attività di selezione, che ti porta a essere attento sui primi candidati e di accorciare il tempo sugli ultimi. Così invece sono tutti analizzati con la medesima attenzione»
il saving interno generato dall’applicazione di intelligenza artificialer è ampiamente dimostrato. Ora Avanade la porta sul mercato.
Recupero crediti selettivo
Un altro caso di applicazione dell’intelligenza artificiale è quello del recupero crediti. Necessità sentita in primis da Avanade.
Lo scenario in cui collocare il servizio riguarda tutti: anche chi non è un cattivo pagatore può diventarlo per caso, contro la propria volontà, per esempio con lo smarrimento di una bolletta, e finire quindi nell’elenco di chi fa recupero crediti, con tutto ciò che ne consegue a livello di posizione.
Un fattore negativo per la società che cede il credito di un cliente solvibile, rimettendoci, er a anche per la stessa società che fa recupero crediti, perchè annovera in lista chi non ha i requisiti per starci e, di fatto, distoglie risorse da impiegare più produttivamente laddove servono.
Si può anticipare il problema con un sistema automatico, che i muove nel perimetro della normativa, riqualificndo come buon pagatore chi il sistema invece colloca automaticamente fra i cattivi pagatori ma non lo è. Un modus operanti automatizzato che vita il rischio di churn e di creare passività dove non ci sono.
Il chatbot apre una conversazione con l’utente, chiede la foto del CRO (document entity identification) e una robotica lo interfaccia con i sistemi legacy di gestione credito.
Se la fattura non è pagata per vera impossibilità, un meccanismo di scoring (tipo crif, cerved) valuta l’apertura di credito.
Il meccanismo di valutazione sottostante autoapprende periodicamente: se i modelli rientrano nell’intervallo di confidenza non procede. Se il campione statistico mostra differenze allora si fa un nuovo training dell’algoritmo. Si agisce così perché le operazioni di training hanno un costo di data preparation, non solo di data cleansing.
Quelli illustrati da Chinelli sono casi di intelligenza artificiale già diffusa. Sono i servizi cognitivi Microsoft su Azure a fare la democratizzazione dell’intelligenza artificiale.
Il prosismo passo sarà l’utilizzo di hardware Azure Sphere, che sarà significativo per diffondere IoT e intelligenza artificiale, ossia, hardware prototipale per mettere sul mercato, senza sostenere costi elevati una macchina connessa.